sabato 28 gennaio 2012

Mikhail - Shshlin - Lezione di calligrafia




Vivere o sopravvivere?

Impressionante prova di bravura di uno scrittore che a soli 26 anni dimostra di aver letto e assimilato i grandi classici della letteratura russa. Le memorie di Larianov è un romanzone di stampo ottocentesco nel quale Shishkin ci descrive la parabola esistenziale di un uomo “tenero, sognatore, presuntuoso, stupido ed ordinario” (per usare solo alcuni degli aggettivi con i quali il protagonista verrà descritto nelle pagine del libro). 
Il giovane Larianov è un idealista che crede nel futuro, nella patria, nella buona fede degli uomini e nella possibilità di cambiare le cose. La vita militare lo farà scontrare con una realtà diversa da quella che aveva previsto e lo spingerà a ritirare la testa nel carapace tornando alla rassicurante mediocrità della dacia in campagna e sposando la ragazzina che lo amava. Ma Larianov non è uomo d'azione ed anche in un ambito più ristretto rispetto a quello militare non riuscirà ad imporre la sua personalità a causa dell'usuale mancanza di nerbo, preferendo di nuovo la fuga al confronto con la realtà. 
A Kazan si innamorerà, ma una volta respinto perché giudicato “ordinario” non farà nulla per conquistare il cuore dell'amata ma si limiterà a viverle accanto come molti altri. L'insurrezione in Polonia sembra poter risvegliare la coscienza di Larianov, ma si rivelerà l'ennesimo fuoco di paglia perché il disincanto, la convinzione di non poter cambiare le cose (l'oblomovismo, direi) alla fine avranno la meglio soffocando gli ultimi rigurgiti di idealismo al punto che Larianov finirà per tradire e mandare agli arresti l'amico. Un tradimento per paura, per difendere se stesso, ma – quel che più conta – un tradimento consumato senza sensi di colpa, addirittura con un sorriso. 
Ancora un romanzo sul nicevò, sul fatalismo e la rassegnazione che sembrano essere tratti dei quali l'anima russa non riesce a liberarsi. Larianov non è un sempliciotto, ha capacità di analisi e vede perfettamente quali sono le cose che non vanno e perché, ha ideali e voglia di metterli in pratica, ma il muro che si trova davanti sembra un ostacolo troppo alto da superare, tanto da spingerlo a ripiegare su una vita a luci spente, senza sogni né speranze. 
Sopravvivere, appunto, non vivere.


sabato 21 gennaio 2012

La coda

La coda: uno dei simboli dell'epoca sovietica, qui usata come pretesto per darci un quadro della società moscovita degli anni Ottanta.
Con una prosa decisamente originale, fatta solo di dialoghi, Sorokin  descrive un serpente a mille teste, del quale non si conoscono né l'inizio né la fine, un'entità astratta e reale al tempo stesso, che vive una vita propria, fatta del caotico sovrapporsi delle vite di persone quasi senza identità, numeri della fila. Un fiume di gente che attende paziente il proprio turno per ore, di giorno e di notte, consumando i minuti in un'attesa godotiana, un cammino lento per arrivare ad assicurarsi un oggetto che non si sa neppure bene cosa sia. Ma non importa, quello che importa è stare in coda, esserci, non perdere il posto. Gente che vive alla giornata, che non sogna più, che si accontenta, quella che emerge dalla pagine del libro è un'umanità piegata, che accetta lo stato delle cose senza immaginare di poterle cambiare, un mondo dove la fanno da padrone il fatalismo e la rassegnazione, il nicevò.

[Vladimir Sorokin: "La coda"]

mercoledì 18 gennaio 2012