sabato 14 dicembre 2024

Il mio anno di riposo e oblio – Ottessa Moshfegh

 


Il mio anno di riposo e oblio – Ottessa Moshfegh
(trad. Gioia Guerzoni)
Feltrinelli editore (I ed. 2018)

Romanzo interessante. Il tema trattato, il disagio esistenziale di una ragazza WASP, bellissima e ricca all'alba del nuovo millennio, sembra la sceneggiatura di un film hollywoodiano e presenta almeno due rischi evidenti: manca di originalità e presta il fianco a semplificazioni e facili cadute nei luoghi comuni (che comunque nel romanzo ci sono, soprattutto nella descrizione dei personaggi secondari). La bravura di Moshfegh consiste nel saper operare una scelta narrativa coraggiosa e controcorrente: il sonno come medicina per superare i traumi e resettare un'esistenza ingarbugliata, mettere la sordina ai sentimenti, scendere per un giro dalla giostra della vita per poi ripartire in maniera diversa. Ma non è tutto qui, con una scrittura essenziale priva di lampi particolari, sostenuta da venature di humor nero che provano a renderla meno scarna, l'autrice riesce a tratteggiare una protagonista dalla personalità complessa, ricca di sfaccettature, che sfugge alle schematizzazioni e si rivela capace di interpretare un ruolo di Bartleby contemporaneo in maniera credibile.
Allargando il ragionamento dal particolare all'universale, ne risulta un romanzo che rappresenta anche un invito a non fermarsi all'apparenza delle cose, alla semplicità che copre la complessità, alla velocità che nasconde la lentezza, al convenzionale che sopraffà l'individualismo.
"Il dolore non è l'unico banco di prova per crescere, mi dissi. Il sonno aveva funzionato. Mi sentivo morbida e calma e sentivo le cose. Era una bella sensazione."

 

sabato 7 dicembre 2024

Poeta cileno – Alejandro Zambra



Poeta cileno – Alejandro Zambra
(trad. Maria Nicola)
Sellerio editore (I ed. 2020)


El Chino.

Un libro che procede lungo due linee narrative: da un lato il rapporto padre ("padrastro")-figlio e dall'altro la descrizione della comunità dei poeti cileni. A fare da trait d'union tra le due parti è il senso di appartenenza, il discutere, lo stare insieme. Interessante notare come l'intera trama scorra lungo una china abbastanza liquida: i rapporti tra gli individui non evolvono, le cose finiscono, i personaggi non si impegnano fino in fondo per costruire qualcosa che duri nel tempo. Così il rapporto tra Gonzalo e Carla finisce, così quello tra lui e Vicente (il figlio di lei) si interrompe, così l'ambizione di Gonzalo di diventare poeta si esaurisce dopo la pubblicazione del primo libro e alla fine solo il giovane Vicente sembra deciso ad affrontare la sfida per realizzare i propri sogni con convinzione, come se l'autore affidasse alle nuove generazioni le speranze per un domani migliore.
Zambra è il golden boy della letteratura latino-americana e Bolaño il modello al quale si ispira apertamente, al punto che Rodrigo Fresán ha definito questo libro "I detective domestici", per indicare come l'autore prediliga nella narrazione una dimensione intima piuttosto di quella epica scelta dal suo più famoso connazionale. Proprio questo sembra il "minus" di Zambra, che sembra avere le capacità di fare di più, di andare in profondità e invece si accontenta di rimanere nel perimetro del pop. È un peccato, perché si tratta di uno scrittore che padroneggia la tecnica e ha fantasia, eppure a tratti sembra pigro. Come Recoba, privilegia la giocata ma manca d'intensità, lavora per sé e non per la squadra. Scrive bene – come Recoba giocava bene – ma il Chino non era il Pibe e Zambra non è Bolaño.


domenica 1 dicembre 2024

Per sempre – Richard Ford



Per sempre – Richard Ford
(trad. Cristiana Mennella)
Feltrinelli editore (I ed. 2023)


La vita è un pasticcino invaso dalle formiche.

Frank Bascombe si presenta appesantito all'ultimo giro di pista. Gli anni passano, e anche se rimane il solito antieroe che abbiamo imparato a conoscere negli altri capitoli della saga, preoccupato unicamente di "salvare la situazione", qui si cala nel ruolo con qualche difficoltà in più.
Certo, la situazione non sembra dargli una mano, e proprio mentre è impegnato a tracciare un bilancio della sua esistenza, abbandonandosi a una serie di speculazioni sul tema della felicità, ecco che arriva la notizia del figlio condannato da una diagnosi infausta come quella di SLA e il buon Frank si ritrova a fare i conti con la drammaticità di una realtà che nessuno vorrebbe mai affrontare. Dalla vita alla morte, dalla felicità alla disperazione, d'un tratto l'occupazione di Bascombe diventa mantenere la barca in linea di galleggiamento, senza preoccuparsi più di tanto della rotta e accontentandosi dei brevi lampi di luce che il buio della vita gli lascia intravedere.
La trama è sottile sottile (un viaggio padre-figlio al Monumento nazionale del Monte Rushmore, quello delle sculture dei quattro presidenti), la scrittura scorrevole, semplice, a tratti piatta, ma ciò che convince meno è il registro utilizzato da Ford, un'ironia che galleggia a tratti tra cinismo e cazzeggio post-adolescenziale ("forse potremmo parlare di più. Invece di fare solo battute" – ammette il protagonista); probabilmente si tratta di un filtro per non andare fino in fondo ed evitare di affrontare la situazione in maniera diretta, ma da uno scrittore come Ford ci si aspetterebbe di più, anche perché ha già dimostrato (penso, ad esempio, a Lo stato delle cose) di saperlo fare egregiamente. Così finisce che anche i dialoghi – che formalmente sarebbero dei veri pezzi di bravura – lascino insoddisfatti, al punto che il protagonista riesce a dire qualcosa di veramente incisivo riguardo al tema del libro solo nelle prime e poi nelle ultime pagine, in monologhi nei quali Bascombe si mette a nudo con la schiettezza che l'ha contraddistinto negli altri romanzi di Ford e si dimostra in grado di regalarci interessanti osservazioni sulla sua idea di letteratura.
"Ho scoperto che i giovani scrittori sono tutti brillanti; capacissimi di capire e indicare con precisione la causa di qualcosa. Cosa causa il desiderio. Cosa causa il senso di colpa. Cosa causa inquietudine e disperazione o gioia. Perché la tragedia è tragica e la commedia è comica e come si collegano. Non è forse quello che vogliamo apprendere dalla letteratura, dal momento che saperlo può avviarci alla comprensione pratica della vera felicità?
Proprio il trucco che non mi è mai riuscito durante il mio periodo da imbrattacarte alla fine degli anni sessanta, ma in mia difesa dirò che non credevo di dover trattare certi argomenti."
"Una volta ho letto su un manuale di scrittura che in un buon romanzo qualunque cosa può essere seguita da qualunque cosa e che nulla segue necessariamente qualcos’altro. Per me è stata una rivelazione, e un sollievo immenso, perché la vita è proprio questo: un pasticcino invaso dalle formiche. Non pensavo di dover ragionare sulle cause. E sinceramente lo penso ancora oggi."

sabato 23 novembre 2024

Ieri – Juan Emar




Ieri – Juan Emar
(trad. Bruno Arpaia)
Safarà editore (I ed. 1935)

Emar. Ecco un altro punto sulla retta immaginaria che parte da Macedonio Fernández, tocca Felisberto Hernández e arriva fino a Fernando Bermúdez. È un filo sottile sul quale camminano gli equilibristi della letteratura, una corda tesa sopra le nostre teste dalla quale surrealisti e visionari guardano dall'alto il nostro mondo così diverso dal loro. Autori che con sguardo malinconico e divertito si fanno beffe della realtà e quando sembrano sul punto di cadere si levano in volo come personaggi chagalliani.
Emar, che disegna quadri che al nostro occhio sembrano assurdi. Una decapitazione, lo scontro tra uno struzzo e un leone, l'incontro con un amico pittore e la sua strampalata teoria dei colori… Sembra di essere una palla magica che rimbalza da una parte all'altra; andiamo! Andiamocene! – dicono il protagonista e la moglie nel loro saltabeccare da una scena alla successiva. Fino a raggiungere la sala d'attesa di una stazione, dove il movimento si arresta e di colpo ci troviamo nella mente del personaggio principale, impegnato a trarre il senso di tutto quello che succede dall'osservazione di un uomo grasso. Dai dettagli zampillano pensieri a cascata che lo portano in un bagno pubblico, dove crede di aver trovato finalmente il grimaldello per uscire dal tempo ma che si rivela invece l'ennesimo ingranaggio inceppato, nel quale rischia di precipitare.
Proprio il tempo sembra essere il tema fondamentale del romanzo, ma il suo studio, che dovrebbe permettere al protagonista di giungere alla conoscenza attraverso una specie di percorso iniziatico sul bordo della follia, lo porterà alla conclusione di non poter raggiungere il suo scopo. La scoperta, nicciana, della circolarità del tempo, con ieri che continua a vivere per sempre, sarà la pietra tombale sulla sua aspirazione a trovare un varco che gli permetta di approdare all'assoluto.
Quel che resta allora è lo spazio, l'osservazione della realtà, ma anche in questo caso le cose non vanno meglio. La ricchezza dei particolari, degli aspetti e delle sfumature con cui le cose si presentano alla nostra osservazione, finisce per sprofondare il protagonista in una dimensione nella quale oggetti e pensieri sembrano rifratti attraverso un prisma che moltiplica connessioni, punti di vista e mondi possibili. Impossibile così raggiungere una verità che rimetta insieme i pezzi di una realtà e di una mente in frantumi.