mercoledì 2 settembre 2009

Non essendo che uomini

Non essendo che uomini, camminavamo tra gli alberi
Spauriti, pronunciando silabe sommesse
Per timore di svegliare le cornacchie,
Per timore di entrare
Senza rumore in un mondo di ali e di stridi.

Se fossimo bambini potremmo arrampicarci,
Catturare nel sonno le cornacchie, senza spezzare un rametto,
E, dopo l'agile ascesa,
Cacciare la testa al di sopra dei rami
Per ammirare stupiti le immancabili stelle.

Dalla confusione, come al solito,
E dallo stupore che l'uomo conosce,
Dal caos verrebbe la beatitudine.

Questa, dunque, è leggiadria, dicevamo,
Bambini che osservano con stupore le stelle,
E' lo scopo e la conclusione.

Non essendo che uomini, camminavamo tra gli alberi.

[Dylan Thomas: "Poesie inedite"]

2 commenti:

Elena ha detto...

Non capisco mai cosa sia esattamente a conquistarmi in modo definitivo in una poesia, se la pertinenza, il lirismo, la profondità o semplicemente il felice accostamento di immagini e concetti. Forse succede soltanto quando mi parla nel modo giusto per quel momento.
Ciao Lars
Elena

Lars W. Vencelowe ha detto...

Difficile spiegare l'alchimia della poesia, soprattutto per me che mi sono avicinato a questo genere da pochi anni. A volte credo che sia la forma migliore di comunicazione che esista, perchè riesce a far passare "di più", anche quello che le parole non sono in grado di dire. Ma forse sono solo pensieri miei bttati lì.
Ciao Elena,
Lars