In questa raccolta di racconti D'Ambrosio ci conduce per mano attraverso un'umanità dolente, in cammino verso una destinazione che non conosce e che forse neppure importa quale sia. Un'umanità che, come dice il personaggio di uno dei racconti, "non poteva fare altro che vivere la sua vita, proprio come me e come lei".
Sono uomini soli quelli che abitano questi racconti, uomini che sotto le vesti di un'apparenza come tante nascondono ferite mai rimarginate, uomini che si portano dietro un dolore difficile da dire e (forse per questo) impossibile da condividere.
Mi piace la capacità di D'Ambrosio di raccontare queste storie irrisolte in maniera onesta, senza ricorrere a trovate e colpi di scena, affidandosi unicamente alla forza della trama ed a una scrittura lineare, precisa, ma che non ha bisogno di ricorrere alla scorciatoia di un facile del minimalismo, privilegiando la sostanza alla forma.
[Charles D'Ambrosio: "Il museo dei pesci morti"]
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