Sono
piovuto su un mare d’argento
un
giorno di brezza leggera.
Intorno
a me persone in maschera
nuotavano
da millenni
rincorrendo
bolle di sapone
che
un vento capriccioso
spingeva
un po’ più in là.
Il
cielo era vestito dalle voci
di
gente che chiedeva,
ma
il suono del mare
copriva
le risposte.
La
riva era un miraggio
che
si dissolveva
quando
credevi
di
averlo raggiunto.
Ho
provato a seguirli,
ho
rincorso oggetti e idee
cambiando
più volte direzione.
Ho
cercato rifugio
nelle
profondità marine
per
nascondermi dagli altri.
Ma
ogni volta che il fondo
sembrava
a portata di mano
mi
spingeva via
ed
io tornavo a galla
deluso
e senza fiato.
Per
soddisfare la sete dei miei sogni
non
ho trovato nient'altro
che
un contagocce consumato.
Stanco
di girare in tondo
e
di vagare senza meta
ho
ammainato le vele
e
mi sono arreso.
Sdraiato
sul dorso
ho
smesso di nuotare.
Dimesso
dalla lotta
mi
sono lasciato portare.
[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]
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