domenica 19 agosto 2012

Stig Dagerman

Il viaggiatore

Lascio sogni immutabili e relazioni instabili. Lascio una promettente carriera che mi ha procurato disprezzo per me stesso e unanime approvazione. Lascio una cattiva reputazione e la promessa di una ancora peggiore. Lascio qualche centinaia di migliaia di parole, alcune scritte con piacere, la maggior parte per noia e per soldi. Lascio una situazione economica miserabile, un'attitudine vacillante rispetto ai grandi interrogativi del nostro tempo, un dubbio usato ma di buona qualità e la speranza di una liberazione.
Porterò con me nel viaggio un'inutile conoscenza del globo terrestre, una lettura superficiale dei filosofi e , terza cosa, un desiderio di annientamento e una speranza di liberazione. Porterò inoltre un mazzo di carte, una macchina da scrivere e un amore infelice per la gioventù europea. Porterò infine con me la visione di una lapide, relitto abbandonato nel deserto o nel fondo del mare, con questa epigrafe:
QUI RIPOSA
UNO SCRITTORE SVEDESE
CADUTO PER NIENTE
SUA COLPA FU L'INNOCENZA
DIMENTICATELO SPESSO

[Stig Dagerman: "Il viaggiatore"] 

...in questa "tentazione al fallimento" è possibile riconoscersi; così come è possibile riconoscersi nella sconfitta dell'utopia, nella difficoltà della rivolta. Solo che noi, forse più "adulti" o semplicemente venuti dopo di lui (o di "loro": i Kafka, i Camus, i vari "nichilisti" degli anni Trenta e Quaranta) abbiamo dato per scontata la nostra disperazione e abbiamo cercato di partire da quella. Non è stata per noi il punto di arrivo. O è semplicemente che siamo più cinici, che siamo scesi a patti con meno intransigenza di Dagerman, di questo bambino ferito e piagato che non ha accettato di diventare "adulto"?
Goffredo Fofi

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