Non ci proverò nemmeno.
A mettermi qui a spiegare
il perché e il percome considero DFW un genio e compagnia bella.
Il fatto è che sono di
parte, credente e praticante, adepto ultra-ortodosso di rito
davidfosterwallaciano. La fede trascende la ragione, è cosa nota, e
questo mi impedisce di giudicare in maniera imparziale. Non ne sono
capace e questo è tutto.
Mi abbevero alla fonte,
ascolto la parola. A volte comprendo, altre, credo di comprendere,
altre ancora fingo. Non è fondamentale, non sempre, non per me. Il
fatto è che di questa parola io ne ho bisogno, sento che è
importante (già, la dipendenza).
Ho bisogno del pensiero
complesso (non contorto) di DFW, capace di posarsi su un oggetto
qualsiasi e tirarne fuori un mondo, osservandolo attraverso la lente
del microscopio, sezionandolo come un entomologo, portando alla luce
connessioni di ogni sorta.
Ho bisogno della sua
scrittura "pollockiana", che sembra sempre sul punto di
tracimare, che invade la pagina procedendo per accumulazioni, strati
di parole, sgocciolature, riuscendo però a mantenere un rigore
formale, ordine nel disordine.
Ho bisogno dei suoi
aggettivi precisi, delle sue definizioni folgoranti, del suo
vocabolario sontuoso.
Ho bisogno della sua
capacità di volare alto ma anche di aggirarsi senza paura tra le
umane miserie e perversioni, di saper divertire ma anche commuovere e
far riflettere.
Ho bisogno delle sue
trame intricate, del piacere di misurarmi con le traiettorie dei suoi
ragionamenti, di perdermi, ritrovarmi e poi perdermi di nuovo tra le
sue pagine.
Ho bisogno della sua
personalità strabordante, del suo sguardo curioso, della sua umiltà,
della sua profondità di analisi, della sua onestà intellettuale,
della sua pietas.
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