I
come ricordava
Bruno, «persona» vuol dire maschera e ognuno
ha molte maschere: quella di padre, quella di professore, quella di amante.
Ma qual era la vera? E ce n’era
realmente una vera? In alcuni momenti pensava che l’Alejandra che ora
vedeva lí, che rideva alle battute di Quique, non era, non poteva essere la
stessa che conosceva lui e, soprattutto, non poteva essere la piú intima,
meravigliosa e terribile Alejandra che lui amava. Ma spesso (e col passare
delle settimane se ne convinse sempre di piú) tendeva a pensare, come Bruno,
che tutte le maschere erano vere e che anche quel viso-boutique era autentico e
in qualche modo esprimeva una delle anime di Alejandra: quella che gli era estranea,
forse non era la sola.
II
Sempre, diceva,
portiamo la maschera, una maschera che non è mai la stessa, e cambia per ognuna
delle parti che ci ha assegnato la vita: quella del professore, dell’amante,
dell’intellettuale, del marito ingannato, dell’eroe, del fratello affettuoso. Ma quale maschera rimane quando si è soli,
quando crediamo che nessuno, nessuno, ci osservi, ci controlli, ci ascolti, ci
comandi, ci supplichi, ci diffidi, ci attacchi? Forse il carattere sacro di
quel momento è dovuto al fatto che l’uomo si trova di fronte alla Divinità, o
per lo - meno davanti alla propria implacabile coscienza.
[Ernesto Sabato: "Sopra eroi e tombe"]
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