domenica 29 gennaio 2017

Giorgio Manganelli - Centuria

 Non solo esercizi di stile.

Piccoli quadri surreali (à la Magritte, verrebbe da dire) di raffinata eleganza formale. Finestre aperte sugli abissi dell’anima, brevi scene apparentemente senza peso, rarefatte, che muovono dalle banalità del quotidiano e che sotto l’aspetto di una finta innocenza celano un attacco alle strutture del reale, all’ordinario, al consueto. Tentativi di riappropriarsi dell’incerto, delle zone d’ombra; piacere dell’attesa per l’attesa.

Al centro c’è l’uomo, ripiegato su se stesso. La sua ricerca di ordine, di coerenza, di logica, che si scontra con l’elemento esterno, l’imprevisto, l’emozione. Appuntamenti mancati, ipotesi che potrebbero spiegare, tentativi di razionalizzare… e che finiscono con l’andare in tutt’altra direzione.

Protagonisti che sembrano chiusi in scafandri di ferro, personaggi anaffettivi che d’improvviso si trovano davanti i sentimenti e faticano a decifrarli, perché per leggerli usano gli strumenti della razionalità. Uomini descritti come viandanti ciechi che si aggirano smarriti in un mondo di domande senza risposte.

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