Dio non scrive romanzi
Terzo
e ultimo dei tre romanzi scritti da Sabato, l’Angelo
dell’abisso è anche quello che ha impegnato per più tempo lo scrittore
argentino, considerato che a una prima edizione del 1974 ne è seguita una
seconda e definitiva solo nel 1990.
In
effetti si tratta di un testo non semplicissimo da maneggiare perché se già con
Sopra eroi e tombe (il capolavoro di
Sabato e uno dei vertici assoluti della letteratura latinoamericana) l’autore
si era cimentato con una forma letteraria che mescolava narrativa, poesia,
diaristica, saggistica e altro ancora, qui aggiunge un ulteriore elemento a
quelli citati: lo scrittore che entra in prima persona nella trama ed
interagisce con i suoi personaggi. Lo scopo è cercare di dare risposta agli
interrogativi suscitati dal suo precedente romanzo (per questo considero la
lettura di Sopra eroi e tombe propedeutica
a quella de l’Angelo dell’abisso,
oltreché imprescindibile) e a un altro sacco di domande.
Perché
scrivere? Questa, ad esempio, è una
delle prime che Sabato si pone, rispondendo che la scrittura è per lui un modo
di tramandare pensieri e insieme un viatico verso l’assoluto.
Scrivere
di cosa? Si domanda subito dopo, risolvendo che non è fondamentale la ricerca
di temi universali, ma che anche una storia minima, intima, può stimolare
riflessioni ed avere valore consolatorio.
Cos’è L’Angelo dell’abisso lo spiega l’autore
stesso all’inizio, in una dichiarazione d’intenti che è anche la miglior
recensione possibile per questo libro (un
romanzo su quella ricerca dell'assoluto, una follia tipica degli adolescenti ma
anche di quegli uomini che non vogliono o non possono smettere di esserlo, e
che in mezzo al fango e allo sterco lanciano grida disperate o muoiono gettando
bombe in qualche angolo dell'universo. Una storia di ragazzi come Marcelo o
Nacho, e di un artista che nei reconditi recessi del suo spirito sente agitarsi
quelle creature (in parte intraviste fuori di sé, e in parte nelle profondità
del suo cuore) che richiedono eternità e assoluto. Affinché il martirio di
alcuni non si perda nel tumulto e nel caos ma possa toccare il cuore di altri
uomini, per smuoverli e salvarli. Magari di qualcuno come lo stesso Sabato
davanti a quel tipo di adolescenti implacabili, dominato, oltre che dalla
propria brama di assoluto, dai demoni che continuano a perseguitarlo dai loro
antri, personaggi che a volte sono comparsi nei suoi libri ma che si sentono
traditi dalla goffaggine o dalla vigliaccheria del loro intermediario; e
vergognandosi lui stesso, Sabato, di essere sopravvissuto a quegli esseri
capaci di morire o di uccidere per odio o per amore, o per il loro impegno
nello sviscerare il significato dell'esistenza. E vergognandosi non solo di
essergli sopravvissuto, ma di farlo in modo meschino, con tiepide
compensazioni. Con la nausea e la tristezza del successo).
Di
nostro possiamo aggiungere che questo è un libro nel quale l’autore alterna
prima e terza persona, autobiografismo e narrazione (la prosecuzione della
storia di Sopra eroi e tombe),
realismo e mistero. Un libro nel quale i personaggi si muovono su un terreno
minato, fatto di contraddizioni continue: speranze, sogni interrotti,
premonizioni, ossessioni, cospirazioni vere o presunte… un avanzare a tentoni
nelle nebbie della vita (dentro di lui
tutto era confuso, si faceva disfaceva,
non riusciva mai a capire cosa volesse o dove si stesse dirigendo), dove
l’unica certezza e che non si raggiungeranno mai certezze durature.
Sono
contraddizioni che sembrano nascere dalla lacerazione che Sabato vive tra il
suo mondo concettuale e quello sotterraneo, tra la scienza che aveva
abbandonato e la letteratura che aveva abbracciato senza riuscire a spiegarsi
fino in fondo i motivi di questa scelta. Un conflitto irrisolto dunque, un
continuo tentativo di giustificare e, quasi, giustificarsi: davanti ai giovani,
che si sentono traditi e gli rinfacciano di non aver mantenuto fede agli ideali
della prima ora per lasciarsi traviare dal mondo borghese, davanti a se stesso,
diviso tra una parte che si sente lontana dagli altri, e quella che invece vive
in mezzo alla gente ma che è solo un simulacro del vero Ernesto Sabato.
Contrasti,
dunque. Come quello tra vita e arte, tra verità assoluta e verità personali. Come
quello tra corpo e anima che apre ad una visionaria teoria dei sogni, un
contrasto figlio della natura duale dell’uomo stesso, perché oltre la parte razionale
esiste anche un inconscio, che troppo spesso si cerca di soffocare.
In
conclusione, L’Angelo dell’abisso è
un grande libro sulla crisi dell’uomo, un’opera a volte oscura, a tratti
contorta, un testo in bilico tra saggio e narrativa che merita di esser letto.
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