sabato 4 novembre 2017

Ernesto Sabato - L’angelo dell’abisso


Dio non scrive romanzi

Terzo e ultimo dei tre romanzi scritti da Sabato, l’Angelo dell’abisso è anche quello che ha impegnato per più tempo lo scrittore argentino, considerato che a una prima edizione del 1974 ne è seguita una seconda e definitiva solo nel 1990.
In effetti si tratta di un testo non semplicissimo da maneggiare perché se già con Sopra eroi e tombe (il capolavoro di Sabato e uno dei vertici assoluti della letteratura latinoamericana) l’autore si era cimentato con una forma letteraria che mescolava narrativa, poesia, diaristica, saggistica e altro ancora, qui aggiunge un ulteriore elemento a quelli citati: lo scrittore che entra in prima persona nella trama ed interagisce con i suoi personaggi. Lo scopo è cercare di dare risposta agli interrogativi suscitati dal suo precedente romanzo (per questo considero la lettura di Sopra eroi e tombe propedeutica a quella de l’Angelo dell’abisso, oltreché imprescindibile) e a un altro sacco di domande.
Perché scrivere?  Questa, ad esempio, è una delle prime che Sabato si pone, rispondendo che la scrittura è per lui un modo di tramandare pensieri e insieme un viatico verso l’assoluto.
Scrivere di cosa? Si domanda subito dopo, risolvendo che non è fondamentale la ricerca di temi universali, ma che anche una storia minima, intima, può stimolare riflessioni ed avere valore consolatorio.
Cos’è L’Angelo dell’abisso lo spiega l’autore stesso all’inizio, in una dichiarazione d’intenti che è anche la miglior recensione possibile per questo libro (un romanzo su quella ricerca dell'assoluto, una follia tipica degli adolescenti ma anche di quegli uomini che non vogliono o non possono smettere di esserlo, e che in mezzo al fango e allo sterco lanciano grida disperate o muoiono gettando bombe in qualche angolo dell'universo. Una storia di ragazzi come Marcelo o Nacho, e di un artista che nei reconditi recessi del suo spirito sente agitarsi quelle creature (in parte intraviste fuori di sé, e in parte nelle profondità del suo cuore) che richiedono eternità e assoluto. Affinché il martirio di alcuni non si perda nel tumulto e nel caos ma possa toccare il cuore di altri uomini, per smuoverli e salvarli. Magari di qualcuno come lo stesso Sabato davanti a quel tipo di adolescenti implacabili, dominato, oltre che dalla propria brama di assoluto, dai demoni che continuano a perseguitarlo dai loro antri, personaggi che a volte sono comparsi nei suoi libri ma che si sentono traditi dalla goffaggine o dalla vigliaccheria del loro intermediario; e vergognandosi lui stesso, Sabato, di essere sopravvissuto a quegli esseri capaci di morire o di uccidere per odio o per amore, o per il loro impegno nello sviscerare il significato dell'esistenza. E vergognandosi non solo di essergli sopravvissuto, ma di farlo in modo meschino, con tiepide compensazioni. Con la nausea e la tristezza del successo).
Di nostro possiamo aggiungere che questo è un libro nel quale l’autore alterna prima e terza persona, autobiografismo e narrazione (la prosecuzione della storia di Sopra eroi e tombe), realismo e mistero. Un libro nel quale i personaggi si muovono su un terreno minato, fatto di contraddizioni continue: speranze, sogni interrotti, premonizioni, ossessioni, cospirazioni vere o presunte… un avanzare a tentoni nelle nebbie della vita (dentro di lui tutto era confuso, si faceva  disfaceva, non riusciva mai a capire cosa volesse o dove si stesse dirigendo), dove l’unica certezza e che non si raggiungeranno mai certezze durature.
Sono contraddizioni che sembrano nascere dalla lacerazione che Sabato vive tra il suo mondo concettuale e quello sotterraneo, tra la scienza che aveva abbandonato e la letteratura che aveva abbracciato senza riuscire a spiegarsi fino in fondo i motivi di questa scelta. Un conflitto irrisolto dunque, un continuo tentativo di giustificare e, quasi, giustificarsi: davanti ai giovani, che si sentono traditi e gli rinfacciano di non aver mantenuto fede agli ideali della prima ora per lasciarsi traviare dal mondo borghese, davanti a se stesso, diviso tra una parte che si sente lontana dagli altri, e quella che invece vive in mezzo alla gente ma che è solo un simulacro del vero Ernesto Sabato.
Contrasti, dunque. Come quello tra vita e arte, tra verità assoluta e verità personali. Come quello tra corpo e anima che apre ad una visionaria teoria dei sogni, un contrasto figlio della natura duale dell’uomo stesso, perché oltre la parte razionale esiste anche un inconscio, che troppo spesso si cerca di soffocare.

In conclusione, L’Angelo dell’abisso è un grande libro sulla crisi dell’uomo, un’opera a volte oscura, a tratti contorta, un testo in bilico tra saggio e narrativa che merita di esser letto.

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