“Era l’epoca dei grandi incontri, e lui li aveva
persi tutti.”
Formidabili quegli anni. Gli anni
del crollo del Muro e della fine della DDR, anni in cui dall’altra parte
finalmente si iniziava a sentire il profumo della libertà, anni carichi di
euforia e possibilità, quando tutto sembrava fosse a portata di mano.
Formidabili quegli anni. Già,
andatelo a dire a Dani, a Rico, a Walter, a Mark e agli altri personaggi del
libro di Clemens Meyer… probabile che ne usciate come minimo con una bella
frattura del naso. Figa, se quelli erano dei grandissimi! Eroi di un’epica
moderna, nella quale gli adulti hanno abdicato al loro ruolo e recitano un
ruolo da comprimari.
Le storie di Dani, Rico, Walter,
Mark e degli altri sono le storie di un gruppo di ragazzi che si potrebbe
sbrigativamente etichettare come “difficili”, mentre difficili erano il tempo
che si trovavano a vivere e i contesti familiare (pressoché assente) e sociale
nei quali crescevano. Cosa poteva rappresentare per ragazzi come questi il
passaggio dall’Est all’Ovest? Forse solo il passaggio dall’alcool alla droga,
altro che euforia e possibilità…
Eravamo
dei grandissimi racconta storie
minori sullo sfondo della Grande Storia, nessun intento moralistico o
pedagogico da parte di uno scrittore che quegli anni li ha vissuti sulla propria
pelle. Capitoli che potrebbero essere ognuno un racconto a parte, avvenimenti
narrati senza una logica cronologica, quasi a collegare la frammentarietà della
struttura del libro con la frammentarietà delle vite dei personaggi.
Il branco come succedaneo della
famiglia, la violenza come protezione dell’identità del gruppo, la vitalità
adolescenziale trasformata in una rabbia che non trova motivazioni vere
(risuonano nella mente i perché? perché? perché? della madre di Daniel,
destinati a rimanere senza risposta). Una rabbia che confina con la
frustrazione, perché i protagonisti sono consapevoli di essere condannati ad
una sconfitta che cercano di rinviare attraverso piccoli successi parziali,
sbruffonerie, eccessi, tentativi di vivere sopra le righe il poco tempo che
hanno a disposizione.
Figa, se quelli erano dei
grandissimi!
Figa, se questo è un libro
grandissimo!
Aggiungo che questo è uno dei
pochissimi libri per i quali ho trovato il titolo italiano molto migliore di
quello originale (“Quando sognavamo”).
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