sabato 16 novembre 2019

Nikos Kazantzakis – Zorba il greco




Questo Zorba era l’uomo che da tanto tempo cercavo senza trovare; un cuore vivo, una bocca vorace, un’anima grande e spontanea che non ha ancora tagliato il cordone ombelicale con sua madre, la Terra.

Libro importante nel percorso di Kazantzakis; tentativo di comporre gli opposti, Zorba è l'elemento dionisiaco a cui l'autore affida il compito di tenere a freno la sua parte apollinea.
Non starei qui a scomodare la teoria del superuomo: Zorba rappresenta piuttosto l'uomo dell'hinc et nunc, un nichilista forse solo all'apparenza ma in realtà un individuo in grado di provare compassione per il prossimo, un uomo che con il suo comportamento offre a Kazantzakis un punto di vista diverso che privilegia l'istinto e la quotidianità rispetto ad un idealismo che per l'autore stava rischiando di diventare sterile avvitamento su se stesso.
Zorba quindi non come modello di vita tout court ma come quel 'gancio' del quale lo scrittore aveva bisogno in un momento preciso della sua vita, una boa da afferrare al volo per non essere travolto dalla tempesta. Non certamente l'uomo perfetto, un maestro di vita da seguire alla lettera, piuttosto un'opportunità da cogliere per sforzarsi di mettere a fuoco le cose in maniera più completa, ampliando un punto di vista che lo stava allontanandosi troppo dalla terra, dalla concretezza, dalla realtà ("E così il mondo è caduto in mano agli scribacchini; - dice Zorba – quelli che i misteri li vivono, non hanno tempo; e quelli che hanno tempo non vivono i misteri").
Compito di Zorba è indicare a Kazantzakis una strada, un percorso tanto affascinante quanto improbo da seguire perché sottende un cambiamento di paradigma difficile da realizzare: "non sei libero”, disse; “la corda a cui sei legato è un po’ più lunga di quella degli altri uomini; questo è tutto. Tu, padrone, hai una fune lunga, vai e vieni, credi di essere libero; ma la fune non la tagli. E se non tagli la fune…”. “Un giorno la taglierò!”, dissi con ostinazione, perché le parole di Zorba toccarono una ferita aperta dentro di me e mi fecero male. “Difficile, padrone, molto difficile. Per questo ci vuole follia; follia, hai capito? Rischiare tutto! Ma tu hai cervello, e questo sarà la tua rovina. Il cervello è un droghiere, tiene i registri, annota le uscite, le entrate, i profitti, le perdite. È un bravo amministratore, non rischia mai tutto, tiene sempre qualcosa di riserva. Non taglia la fune, no! La stringe in mano, il furfante; se gli sfugge, è perduto, perduto, poveretto! Ma se non tagli la fune, mi dici che gusto ha la vita? Di camomilla, di camomillina; non di rum, che scaravolta il mondo!”.
[…] quello che diceva Zorba era giusto… Quando ero bambino, ero pieno di entusiasmi, di desideri primordiali, me ne stavo sempre da solo e sospiravo perché il mondo mi andava stretto. Poi, pian piano, col tempo, ero diventato sempre più saggio; ponevo dei limiti, separavo il possibile dall’impossibile, l’umano dal divino, mi tenevo stretto l’aquilone perché non mi sfuggisse.

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