Questo Zorba era l’uomo che da
tanto tempo cercavo senza trovare; un cuore vivo, una bocca vorace, un’anima
grande e spontanea che non ha ancora tagliato il cordone ombelicale con sua
madre, la Terra.
Libro importante nel percorso di
Kazantzakis; tentativo di comporre gli opposti, Zorba è l'elemento dionisiaco a
cui l'autore affida il compito di tenere a freno la sua parte apollinea.
Non starei qui a scomodare la
teoria del superuomo: Zorba rappresenta piuttosto l'uomo dell'hinc et nunc, un
nichilista forse solo all'apparenza ma in realtà un individuo in grado di
provare compassione per il prossimo, un uomo che con il suo comportamento offre
a Kazantzakis un punto di vista diverso che privilegia l'istinto e la
quotidianità rispetto ad un idealismo che per l'autore stava rischiando di
diventare sterile avvitamento su se stesso.
Zorba quindi non come modello di
vita tout court ma come quel 'gancio' del quale lo scrittore aveva bisogno in
un momento preciso della sua vita, una boa da afferrare al volo per non essere
travolto dalla tempesta. Non certamente l'uomo perfetto, un maestro di vita da
seguire alla lettera, piuttosto un'opportunità da cogliere per sforzarsi di mettere
a fuoco le cose in maniera più completa, ampliando un punto di vista che lo
stava allontanandosi troppo dalla terra, dalla concretezza, dalla realtà ("E così il mondo è caduto in mano agli
scribacchini; - dice Zorba – quelli
che i misteri li vivono, non hanno tempo; e quelli che hanno tempo non vivono i
misteri").
Compito di Zorba è indicare a
Kazantzakis una strada, un percorso tanto affascinante quanto improbo da
seguire perché sottende un cambiamento di paradigma difficile da realizzare: "non sei libero”, disse; “la corda a
cui sei legato è un po’ più lunga di quella degli altri uomini; questo è tutto.
Tu, padrone, hai una fune lunga, vai e vieni, credi di essere libero; ma la
fune non la tagli. E se non tagli la fune…”. “Un giorno la taglierò!”, dissi
con ostinazione, perché le parole di Zorba toccarono una ferita aperta dentro
di me e mi fecero male. “Difficile, padrone, molto difficile. Per questo ci
vuole follia; follia, hai capito? Rischiare tutto! Ma tu hai cervello, e questo
sarà la tua rovina. Il cervello è un droghiere, tiene i registri, annota le
uscite, le entrate, i profitti, le perdite. È un bravo amministratore, non
rischia mai tutto, tiene sempre qualcosa di riserva. Non taglia la fune, no! La
stringe in mano, il furfante; se gli sfugge, è perduto, perduto, poveretto! Ma
se non tagli la fune, mi dici che gusto ha la vita? Di camomilla, di
camomillina; non di rum, che scaravolta il mondo!”.
[…]
quello che diceva Zorba era giusto… Quando ero bambino, ero pieno di
entusiasmi, di desideri primordiali, me ne stavo sempre da solo e sospiravo
perché il mondo mi andava stretto. Poi, pian piano, col tempo, ero diventato
sempre più saggio; ponevo dei limiti, separavo il possibile dall’impossibile,
l’umano dal divino, mi tenevo stretto l’aquilone perché non mi sfuggisse.
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