venerdì 9 dicembre 2011

L'inganno delle parole

Così gli uomini concepiscono diversissime idee di una stessa cosa, ma esprimendo questa con una medesima parola, e variando anche nell'intender la parola, questa seconda differenza nasconde la prima. Essi credono di esser d'accordo, e non lo sono. Pensiero importantissimo, giacché si deve riferire non solo alle idee materiali, ma molto più alle astratte (che tutte in fine derivano dalla materia) e agli stessi fondamenti della nostra ragione.

[G. Leopardi: "Zibaldone"]

domenica 4 dicembre 2011

"Global class" (i nuovi alchimisti)


Ogni tanto, nella storia, ci troviamo di fronte all'emergere di nuove classi produttive. Nel caso della "new economy", in verità, "produttive" non è l'aggettivo adatto, perché esse non si applicano affatto alla produzione. Diciamo che sono nuove forze economiche e sociali, che hanno a che fare con le tecnologie dell'informazione. E' un dato costante della Storia che questa nuova classe scopra che le istituzioni tradizionali sono un ostacolo al suo sviluppo, e che dunque ritenga che esse debbano essere distrutte o ignorate.
Qualcosa del genere sta verificandosi oggi. L'esplosione della information technology ha fornito grandi e nuove opportunità a un determinato numero di persone: una categoria di persone che sta creando un nuovo mondo e che, lungo la strada, sta diventando molto ricca. E' un gruppo sociale estremamente interessante. Viaggia molto, varca costantemente le frontiere, perfino quando è bloccato nelle business lounge di un aeroporto le varca parlando incessantemente al telefonino. Non credo che oggi  più dell'1% della popolazione faccia parte di questa global class in senso stretto, ma un enorme numero di persone vi gira intorno, ne è ispirato nei proprio comportamenti economici o culturali, ne imita le mode, i gusti e i tic, perché è essa che fissa i trend, indica la direzione, esercita l'egemonia culturale.
Per loro è naturale tentare di eludere e di sfuggire alle istituzioni tradizionali della democrazia. Tra i loro valori c'è la meritocrazia, e un'aspirazione di lungo periodo alla sostenibilità dello sviluppo. Tutto ciò che è "globale" è buono per loro. Ciò che davvero non amano è la dimensione nazionale. Con la dimensione "locale", invece, mi sembrano in pace, non in conflitto: li contraddistingue l'amore per la natura, per una casa in campagna, per il paesaggio che li circonda, per i cibi sani e i mercati rionali. Quello che invece considerano un orribile e anacronistico ostacolo sono i governi nazionali e le loro leggi.
L'affermarsi di questa "classe globale" produce inevitabilmente una lacerazione della tradizionale solidarietà sociale, determinando nuove disuguaglianze. Il problema della "classe globale" è che un sacco di gente non ne fa parte e viene lasciata indietro. La creazione di nuove ineguaglianze è ovviamente una caratteristica di ogni sviluppo capitalistico. Avvenne anche agli albori della società industriale. Con una differenza: i poveri di allora erano necessari come forza-lavoro ai capitalisti; i poveri di oggi, invece, non sono necessari alla "classe globale" che nell'ambito della politica nazionale è interessata solo ad ottenere meno regole e meno tasse.

[Ralf Dahrendorf: "Dopo la democrazia"]

domenica 27 novembre 2011

Tibor Scitovsky: Joyless Economy

Perché se è vero che staremmo meglio lavorando meno e coltivando più i rapporti con gli altri, continuiamo a lavorare troppo e a investire troppo poco nell'amicizia? 
Una prima risposta è affermare che le persone non sono razionali: sbagliano sistematicamente nel fare i conti circa il proprio benessere. 
Spiegazioni che cercano di dirci perché la gente è irrazionale sono quelle che derivano dalla teoria di Tibor Scitovsky, un fondatore degli studi sulla felicità. Nella sua Joyless Economy (1976) egli ci offre una spiegazione che ancora oggi si presta molto bene a includere anche i beni relazionali (assenti dal suo discorso). L'ipotesi di fondo è la sua distinzione tra beni di "comfort" e beni di "creatività".
I beni di comfort danno stimolazioni immediate, sensazioni piacevoli di breve periodo, ma la soddisfazione che conferiscono non si protrae nel tempo. I beni di comfort sono un paio di scarpe, un frigorifero, un'automobile. Hanno in comune un'utilità che decresce fortemente con l'uso, portando subito alla noia. Anzi, per i beni di comfort durevoli, col passare del tempo "averli tra i piedi" è fonte di disutilità, e di desiderio di comprarne di nuovi... e il ciclo ricomincia.
I beni di "creatività", invece, hanno normalmente la caratteristica oppposta: la loro utilità marginale è crescente, più li uso più mi arrecano benessere. Esempi classici sono i beni culturali /certa musica, lettura teatro ecc.e - anche se Scitovsky non ce lo dice - i beni relazionali , come la "commensalità", che conferiscono al tempo stesso comfort e creatività, sono beni di questo tipo.
Scitovsky sostiene che consumiamo troppi beni di comfort e pochi beni di creatività perché le esigenze delle moderne economie spingono nella direzione di rendere molto poco accessibili, o estremamente cari, i beni di creatività, e soprattutto tendono a rimpiazzarli con beni di comfort spacciati per beni di creatività.Noi consumiamo troppo comfort perché questo si presenta sempre più sotto le mentite spoglie di bene di creatività ma a costo molto più basso del bene di creatività vero.
Perché invece consumiamo così pochi beni  relazionali? I beni relazionali sono tipici beni di creatività e anche qui il mercato tende a offrire beni di comfort che li simulano. Il tempo consumato davanti alla TV agisce contro i beni relazionali in due modi: è tempo sottratto ai rapporti con gli altri, ma è anche un consumo di beni relazionali simulati. Infatti, se i programmi televisivi offrono sempre più prodotti che assomigliano ai rapporti umani veri e propri (talk show, reality show...), in realtà, però, essi sono beni di comfort che spiazzano i veri beni relazionali.
Due dati: in tutti i paese del mondo il numero di ore passato davanti alla TV  è inversamente correlato all'indice di felicità e nei paesi OCSE le ore davanti alla TV crescono assieme alle ore di lavoro. Come mai? Perché persone più stanche per il lavoro tenderanno a consumare finti beni relazionali perché costano meno, richiedono meno energie della coltivazione di amicizie vere. Ma c'è di più: i beni di comfort creano dipendenza (addiction), quindi per ottenere lo stesso piacere di ieri, oggi dovrò consumare più beni di comfort.
In conclusione ancora una considerazione: lo sviluppo tecnologico tende a ridurre i costi dei beni di mercato standard, ma non fa altrettanto con i beni relazionali, la cui "tecnologia" è più o meno la stessa dai tempi di Adamo ed Eva. Il costo relativo dei beni relazionali tende quindi ad aumentare nei paesi a tecnologia avanzata.

[L. Bruni e P.L. Porta: "Felicità e libertà"]

martedì 22 novembre 2011

domenica 20 novembre 2011

Di cosa sono fatto



Tanto fumo, fiumi di discorsi che scorrono via. Aria.
Un sacco di dubbi e poche - pochissime - certezze, che si assottigliano con il tempo come grani di clessidra, come candela che la fiamma consuma.
Sogni belli da sognare, fantasie che mi piace rincorrere ma che poi non voglio catturare.
E mare. Tanto mare.

[Lars W. Vencelowe: "Pensieri, parole, opere ed omissioni"]