domenica 13 maggio 2012

In altre faccende affacendato (2012)

Sì, certo, la poesia. Va benissimo, ci mancherebbe. 
E la narrativa, poi. E' il pane quotidiano, nemmeno a parlarne. 
E ancora: nutrire la fantasia, sciogliere le briglia all'immaginazione, costruire e smontare mondi, sognare. 
E soddisfare la voglia di infinito, di guardare cosa c'è dietro l'orizzonte, di scoprire, di sapere. 
Ci sono bisogni, passioni, capricci, voglie e curiosità da soddisfare.
E così tanto da conoscere, da approfondire.
E' bello provare a volare alto.
C'è da spaccare il capello in quattro sul problema del comunicare, su etica ed estetica, sintesi ed analisi.
E che dire dell'anima, dell'escatologia, del senso delle cose e compagnia cantante...
Tutto importante, niente da dire. 

E' che forse si rischia di perdere un po' il contatto. 
E' che quando si prova a volare così in alto, le cose della terra finiscono per risultare troppo lontane.

Per questo a volte sento il bisogno di sporcami un po' le mani.



domenica 6 maggio 2012

I detective selvaggi

Questo libro è un sacco di cose. 
E' la fotografia di una generazione, è una dichiarazione d'amore per la poesia, è un film di Wenders, è On the road di Kerouac declinato in sudamericano, è un fiume.
Un fiume lunghissimo, con una serie infinita di affluenti, ognuno dei quali avrebbe la forza di reggere da solo un romanzo e che invece sono utilizzati per portare acqua alla storia di Arturo Belano ed Ulises Lima, per arricchirla di particolari e sfumature, per chiarirla e complicarla raccontandola.
Una storia che non è la storia dei realvisceralisti, come ad un certo punto Norman dice a Daniel, ma "la storia della vita, di quel che perdiamo senza rendercene conto e di quel che possiamo ritrovare", ..."perché niente è finito".
La storia della vita, quindi, quella vita dove tutti nuotiamo e quella vita, come dice Ulises Lima, "dove tutti abbiamo paura di naufragare".

sabato 5 maggio 2012

Isole sul fiume


Un giorno gli chiesi dove fosse stato. Mi disse che aveva disceso un fiume che unisce il Messico con l'America Centrale. Che io sappia, quel fiume non esiste. Mi disse, però, che aveva disceso quel fiume e che ora poteva dire di conoscerne tutti i meandri e gli affluenti. Un fiume d'alberi o un fiume di sabbia o un fiume d'alberi che a tratti si tramutava in un fiume di sabbia. Un flusso costante di gente senza lavoro, di poveri e di morti di fame, di droga e di dolore. Un fiume di nubi su cui aveva navigato per dodici mesi e lungo il quale aveva trovato innumerevoli isole e paesi, anche se non tutte le isole erano abitate, e dove a volte aveva creduto di rimanere a vivere per sempre o di morire.
Di tutte le isole visitate, due erano portentose. L'isola del passato, disse, dove esisteva solo il tempo passato e nella quale gli abitanti si annoiavano ed erano ragionevolmente felici, ma dove il peso dell'illusione era tale che l'isola affondava nel fiume ogni giorno un poco di più. E l'isola del futuro, dove l'unico tempo che esisteva era il futuro, e i cui abitanti erano sognatori e aggressivi, così aggressivi, disse Ulises, che probabilmente avrebbero finito per mangiarsi gli uni con gli altri.


[Roberto Bolaño: "I detective selvaggi"]