sabato 7 dicembre 2013
La vita tranquilla
Sei alla finestra.
C’è una nube di vetro a forma di cuore.
I sospiri del vento sono caverne in ciò che dici.
Sei il fantasma sull'albero lì fuori.
La strada è muta.
II tempo, come il domani, come la tua vita,
è in parte qui, in parte sospeso in aria.
Non puoi farci niente.
La vita tranquilla non da preavvisi.
Consuma i climi dello sconforto
e compare, a piedi, non riconosciuta, senza offrire nulla,
e tu sei lì.
[Mark Strand: "L'uomo che cammina un passo avanti al buio"]
domenica 1 dicembre 2013
scatole
Poetica della miniatura
Forse il modo ideale per osservare le scatole è metterle sul pavimento e stendercisi accanto.
Non sorprende che dalle scatole volti infantili ci fissino fino a confonderci, e che abbiano l’aria sognante dei bambini intenti al gioco. La loro è la solitudine felice di un tempo senza orologi dove i bambini sono i signori del mondo. Le scatole di Cornell sono reliquiari dei giorni in cui regnava l’immaginazione. C’invitano, com'è ovvio, a rivivere i sogni della fanciullezza.
[Charles Simic: "Il cacciatore di immagini"]
sabato 30 novembre 2013
Canzone dell'onda e della riva
Il
suono dell'onda che si gonfia lontano
riempie
lo spazio e si dilata nel tempo.
Canto
suadente che sale e che scende
voce
muta che culla il pensiero
musica
che racconta storie di ieri.
Silenzio,
solo
il suono dell’onda.
Sulle
terrazze ordinate di filari spogli
i
muri a secco ricamano morbide curve
che
si allungano digradando fino alla costa.
Corpo
sinuoso di donna che dorme,
nuda sposa che attende sognando
Silenzio,
solo
l’attesa dell’innamorata.
L’onda
selvaggia inizia il suo viaggio
allunga
le spire stringendo verso riva
per
portare all’amata tremule gemme di luce.
Sempre
più vicina la costa
attende impaziente l'ineludibile abbraccio.
Silenzio,
solo
il canto dell’innamorato.
Lieve
scivola l’onda verso la sponda,
si
accosta piano e l’accarezza leggera
la
circuisce maliziosa, la sfiora e poi la tocca
la
prende e poi la lascia in un gioco di sguardi,
dove
rimbalzano gioia e sofferenza.
Silenzio.
Una
spada luminosa allunga i suoi raggi
Una
lingua di fuoco sorprende i due amanti.
Anche
il sole benedice quel bacio.
[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]
domenica 24 novembre 2013
Piccoli errori...
Ecco, voglio dirti...
Ci siamo sbagliati.
Vedi a cosa ci ha portato il nostro errore...
Noi due dobbiamo chiedere che ci perdoni.
Dammi da fumare.
Ma perché ormai pentirsi! Questo fatto non lo redimi con nessun pentimento.
Ecco cosa ti volevo dire.
Punto primo.
Ora il secondo.
Noi non capivamo la libertà.
Noi l'abbiamo schiacciata.
Neanche Marx le ha dato il giusto valore: la libertà è il fondamento, il senso, la base della base.
Senza libertà non c'è rivoluzione proletaria.
Ecco il secondo punto, ed ora ascolta il terzo.
Noi attraversiamo il lager, la taiga, ma la nostra fede è più forte di tutto.
E tuttavia questa non è forza, bensì debolezza, autoconservazione.
Là, oltre la rete di ferro, l'autoconservazione ordina alla gente di trasformarsi per non soccombere, per non finire in lager, e i comunisti hanno creato un idolo, hanno indossato spalline, divise, fanno professione di nazionalismo, hanno divise, fanno professione di nazionalismo, hanno alzato la mano sulla classe lavoratrice, sicuramente arriveranno alle Centurie nere...
Ma qui, nel lager, lo stesso istinto ordina loro di non cambiare: se non vuoi infilarti il cappotto di legno, non devi cambiarti nemmeno in decenni di lager...
Due facce della stessa medaglia...
Smettila! gridò Abarciuk e alzò il pugno stretto sul viso di Magar.
Ti hanno piegato! Non hai retto! Quello che hai detto è menzogna, delirio.
Piacerebbe anche a me crederlo, ma non è così, non deliro affatto.
Ti chiedo di nuovo di seguirmi.
Come vent'anni fa.
E se non possiamo vivere da rivoluzionari, allora tanto vale morire; così non si può comunque vivere.
Basta! Perdonami, me ne rendo conto, devo somigliare a una vecchia sgualdrina che piange sulla perduta verginità.
Ma ti dico: pensaci! E perdonami, caro, perdonami...
[Vasilij Semënovič Grossman: "Vita e Destino"]
Chi è nell'errore compensa con la violenza ciò che gli manca in verità e forza.
Johann Wolfgang Goethe
sabato 23 novembre 2013
Hosion e anosion (Platone - Eutifrone)
Ci sono libri (più o meno lunghi, poco importa) la cui lettura ci impegna per settimane, se non mesi e che poi si dimenticano in un batter d'occhi. E poi ci sono i dialoghi platonici: poche paginette che portano via al massimo qualche ora. Ma che sedimentano, e ci accompagnano per una vita intera.
Prendete l'Eutifrone, uno dei dialoghi della giovinezza del filosofo, di quelli (cosiddetti) minori, di quelli (cosiddetti) aporetici e ve ne accorgerete. C'è Socrate che conversa con un conoscente cercando di definire cosa è santo (ὅσιόν hosion – pio – conforme all'osservanza religiosa ma anche familiare e civile) e cosa non santo e dopo poche battute la discussione prende il volo e finisce per salire a vette vertiginose, toccando temi sui quali ancora si dibatte. Il santo è santo perché lo amano gli dei o perché lo amano gli dei è santo? Ecco il dilemma di Eutifrone: la morale è imposta da Dio o è fatta dall'uomo? Morale come emanazione religiosa o comunque imposta dall'autorità, dall'opinione comune (abbiamo appena detto come hosion sia un termine che va oltre il campo religioso in senso stretto) o morale come espressione della coscienza di ognuno? Etica della fede ed etica laica, ethos ed etica...
Materiale delicato e da prendere con le molle, che da qualunque parte lo si rigiri finisce per prestare il fianco ad osservazioni che vanno della direzione contraria, un bel fuocherello che Platone ha acceso nel IV secolo a.C.e che sembra resistere discretamente all'usura del tempo e sulle cui braci in tanti hanno provato ad arrostire (ed hanno finito per bruciare) un bel po' di carne.
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