domenica 8 dicembre 2013

Ma bisogna poi uscire dall'equilibrio?


Fin dai tempi antichi gli uomini riflettevano su che cos'è l’intelligenza e che cos'è la stupidità. In proposito ricordo il caso seguente
Quando mia zia mi ha regalato la scrivania mi dissi: «Oh, adesso mi siedo alla scrivania e il primo pensiero che concepirò a questa scrivania sarà particolarmente intelligente». Ma a concepire un pensiero particolarmente intelligente non ci riuscii. Allora mi dissi: «Bene. Non sono riuscito a concepire un pensiero particolarmente intelligente, ne concepirò uno particolarmente stupido». Ma non riuscii a concepire neppure un pensiero particolarmente stupido. 
Tutto ciò che sta al limite è molto difficile da fare. Le parti di mezzo si fanno più facilmente. Il centro in sé non richiede nessuno sforzo. Il centro è l’equilibrio. Là non si dà lotta alcuna.
Ma bisogna poi uscire dall'equilibrio

[Daniil Charms: "Casi"]

sabato 7 dicembre 2013

La vita tranquilla


Sei alla finestra. 
C’è una nube di vetro a forma di cuore. 
I sospiri del vento sono caverne in ciò che dici. 
Sei il fantasma sull'albero lì fuori. 

La strada è muta. 
II tempo, come il domani, come la tua vita, 
è in parte qui, in parte sospeso in aria. 
Non puoi farci niente. 

La vita tranquilla non da preavvisi. 
Consuma i climi dello sconforto 
e compare, a piedi, non riconosciuta, senza offrire nulla, 
e tu sei lì.

[Mark Strand: "L'uomo che cammina un passo avanti al buio"]

domenica 1 dicembre 2013

scatole



Poetica della miniatura

Forse il modo ideale per osservare le scatole è metterle sul pavimento e stendercisi accanto. 
Non sorprende che dalle scatole volti infantili ci fissino fino a confonderci, e che abbiano l’aria sognante dei bambini intenti al gioco. La loro è la solitudine felice di un tempo senza orologi dove i bambini sono i signori del mondo. Le scatole di Cornell sono reliquiari dei giorni in cui regnava l’immaginazione. C’invitano, com'è ovvio, a rivivere i sogni della fanciullezza.

[Charles Simic: "Il cacciatore di immagini"]

sabato 30 novembre 2013

Canzone dell'onda e della riva


Il suono dell'onda che si gonfia lontano
riempie lo spazio e si dilata nel tempo.
Canto suadente che sale e che scende
voce muta che culla il pensiero
musica che racconta storie di ieri.

Silenzio,
solo il suono dell’onda.

Sulle terrazze ordinate di filari spogli
i muri a secco ricamano morbide curve
che si allungano digradando fino alla costa.
Corpo sinuoso di donna che dorme,
nuda sposa che attende sognando

Silenzio,
solo l’attesa dell’innamorata.

L’onda selvaggia inizia il suo viaggio
allunga le spire stringendo verso riva
per portare all’amata tremule gemme di luce.
Sempre più vicina la costa
attende impaziente l'ineludibile abbraccio.

Silenzio,
solo il canto dell’innamorato.

Lieve scivola l’onda verso la sponda,
si accosta piano e l’accarezza leggera
la circuisce maliziosa, la sfiora e poi la tocca
la prende e poi la lascia in un gioco di sguardi,
dove rimbalzano gioia e sofferenza.

Silenzio.

Una spada luminosa allunga i suoi raggi
Una lingua di fuoco sorprende i due amanti.

Anche il sole benedice quel bacio.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]