sabato 22 novembre 2014

L'arte di vivere

Accadono molte cose nella piccola vita di tutti i giorni, ma sempre dentro gli stessi schemi, ed è soprattutto questo che ha cambiato l’immagine che ho del tempo. Infatti, mentre prima lo vedevo come una linea da lasciarsi alle spalle, con il futuro come un orizzonte lontano davanti a me, spesso luminoso e comunque mai noioso, adesso, il tempo si intreccia alla vita qui e ora in tutt'altro modo
Se dovessi descriverlo con un’immagine, lo rappresenterei come una barca in una chiusa: la vita viene sollevata dal tempo che lento e inesorabile penetra da ogni lato. A parte i dettagli, tutto è sempre uguale a se stesso. E ogni giorno che passa aumenta la tensione verso quell'attimo in cui la vita raggiunge il culmine, l’attimo in cui la chiusa si apre e la vita torna finalmente a scorrere in avanti. Al contempo riconosco che proprio questo ripetersi, questa chiusura, questa immutabilità sono necessari, mi proteggono, perché le poche volte che le abbandono riaffiorano tutte le vecchie ferite. Improvvisamente mi ritrovo invischiato in ogni possibile pensiero su quello che è stato detto, quello che è stato visto, quello che è stato pensato, quasi come scaraventato nel territorio incontrollabile, infruttuoso, spesso degradante e a lungo andare distruttivo in cui ho vissuto per molti anni. Il desiderio di fuggire è altrettanto forte là come qua, ma la differenza è che il fine di questo desiderio è realizzabile là, ma non qua. Qua devo trovare altri scopi e farmeli bastare. 
L’arte di vivere, ecco di cosa sto parlando.

[Karl Ove Knausgard: "La mia lotta(1)"]


domenica 16 novembre 2014

Dall'altra parte dello specchio


"Qualche volta in passato, in momenti di inspiegabile trasporto, nel mio studio, forse, seduto alla scrivania, sprofondato nelle parole, per quanto potessero essere spregevoli - infatti a volte perfino l’uomo mediocre è ispirato - avevo avuto l’impressione di penetrare la membrana della pura coscienza per raggiungere un altro stato, che non aveva un nome, in cui non vigevano le leggi normali, dove il tempo si muoveva in modo diverso, posto che si muovesse, dove non ero né vivo né il contrario eppure ero più incisivamente presente di quanto avrei mai potuto esserlo in quello che chiamiamo, perché costretti, il mondo reale."

[John Banville: "Il mare"]

sabato 15 novembre 2014

Nicanor Parra - Riflessioni


RIFLESSIONI

Cos’è l’uomo
si domanda Pascal:
una potenza di esponente zero.
Nulla
paragonato al tutto
Tutto
se si paragona al nulla:
nascita più morte:
rumore moltiplicato per il silenzio:
media aritmetica fra il tutto e il niente.  

domenica 9 novembre 2014

Fëdor Dostoevskij – Memorie da una casa morta


Nel 1849, all'età di 28 anni, Dostoevskij veniva arrestato e condannato a morte per la partecipazione a circoli rivoluzionari, condanna poi convertita in lavori forzati in Siberia fino al 1854.
All'epoca aveva già pubblicato alcuni romanzi (Povera gente e Il sosia) e qualche racconto, opere nelle quali è già in nuce quello studio della personalità e dell'animo dei personaggi che risulterà centrale nelle grandi opere della maturità.
Memorie da una casa morta testimonia come la vita carceraria e l'esperienza di deportato in Siberia abbiano esercitato una forte influenza sul grande scrittore russo, indirizzando la sua ricerca anche su altri importanti aspetti come quello sociale e soprattutto lo studio del delitto (delle cause che portano l'uomo a maturare questa scelta) e della pena (degli scopi del sistema carcerario e delle sue influenze sui detenuti), qui affrontati in maniera ancora frammentaria e slegata, rimanendo a livello di riflessioni o poco più, ma che in seguito verranno rielaborati in maniera organica a costituire la spina dorsale dei suoi grandi romanzi.
Memorie da una casa morta è una specie di reportage della vita carceraria dello scrittore, un resoconto delle sue avventure da detenuto con le descrizioni dei compagni di prigionia alternate alle considerazioni dello scrittore.
Diversi sono gli spunti di riflessione: l'assenza di pentimento nei prigionieri, in realtà convinti delle ragioni dei loro gesti, la difficoltà di definire il delitto in maniera chiara, il sistema carcerario inteso come esclusivamente punitivo, la disparità delle pene per delitti simili, l'avidità per il denaro che poi viene bruciato in un attimo in cambio di qualche sogno, l'analisi di quello che succede nell'animo umano dopo che si è varcato il limite della legalità, il diritto al rispetto della dignità della persona, la resistenza dei puniti al dolore e il loro stato d'animo nell'affrontarlo, l'influenza dell'ambiente sull'uomo, le lusinghe del potere e la sensazione di ubriacatura che da a chi lo esercita, la necessità di un scopo.
A ciò si alternano, come detto, i personaggi che passano sotto la lente di ingrandimento di Dostoevskij che ne tratteggia i caratteri: uomini dominati dal temperamento ed altri in grado di tenere perfettamente a bada gli istinti, figure passive e prive di personalità, persone bruciate dall'ansia e altre cariche di amor proprio.

In sintesi Memorie di una casa morta mi è sembrata un'opera di passaggio, con la quale Dostoevskij mette su carta le riflessioni scaturite da un'esperienza di vita così importante come quella della prigionia, riflessioni che necessiteranno di sedimentazione per essere poi rielaborate al momento opportuno.