sabato 8 agosto 2015

Ian McEwan – Espiazione



It's not my cup of tea

L’alta ombra fresca del bosco le fu di sollievo, l’intrico scultoreo dei tronchi le parve incantevole. Superato il cancelletto di ferro, e la siepe di rododendri, attraversò il prato aperto - venduto a un allevatore locale come terra da pascolo - per risalire alle spalle della fontana con il suo muro di sostegno e la riproduzione in scala del Tritone del Bernini il cui originale era a Roma in piazza Barberini. La figura muscolosa, accomodata sulla conchiglia, riusciva a schizzare un getto alto pochi centimetri appena, la pressione era troppo bassa, e l’acqua ricadeva sulla testa della statua, colando sulla chioma di pietra e lungo il solco della possente spina dorsale su cui lasciava una lucida chiazza verde scuro. In questo ostile clima settentrionale, il Tritone era molto lontano da Roma, ma rimaneva bellissimo nella luce chiara del mattino, come del resto erano belli i quattro delfini che sostenevano la conca lambita dai flutti su cui riposava. Cecilia osservò le improbabili scaglie sul dorso dei delfini e sulle cosce del Tritone, prima di volgersi verso la casa.”

Ecco cosa intendo. Una scrittura lenta, ampollosa, pesante e manierata. Periodi lunghi, descrizioni particolareggiate ed eccessive che per quanto possano essere eleganti e raffinate non mi invogliano nemmeno un po'. Esagero? Vedete un po' voi:

Entrò, attraversò di fretta l’ingresso a piastrelle bianche e nere - com’era familiare il suono dei suoi passi, com'era irritante - e fece una sosta per prendere fiato sulla soglia del salone. Gocciolandole acqua fredda sui piedi calzati di sandali, il mazzo sparso di epilobi e iris le restituì uno stato d’animo un poco più allegro. Il vaso che stava cercando era su un tavolo in ciliegio accanto alla porta finestra socchiusa. A causa dell’esposizione a sud-est della stanza, alcuni parallelogrammi dorati di luce mattutina avanzavano sul tappeto blu polvere. Il respiro di Cecilia si fece più calmo mentre aumentava il suo desiderio di una sigaretta. Esitò un istante sulla porta, momentaneamente immobilizzata dalla perfezione della scena, e restò lì, accanto ai tre divani sbiaditi disposti intorno al camino gotico quasi nuovo con la sua riserva di falaschi invernali, vicino al clavicembalo stonato che nessuno suonava e agli inutili leggii in palissandro, ai tendoni in velluto, morbidamente raccolti da un cordone intrecciato arancio e blu, a incorniciare un cielo vuoto di nuvole e la terrazza a chiazze gialle e grigie tra le cui lastre di pietra crescevano camomilla e partenio.”

Ok, la smetto. È che tutto questo grondare di aggettivi, l'attenzione maniacale ai dettagli unita a un evidente sfoggio di erudizione, sanno un po' troppo di narcisismo, di auto-compiacimento. Ed è un peccato.
Perché il mestiere c'è e si vede tutto: i personaggi sono tratteggiati attraverso i loro comportamenti, ognuno è ben caratterizzato sin da subito. È interessante, ad esempio, come la piccola Briony osservi quello che succede intorno a lei e lo interpreti (fraintendendo spesso) attraverso le lenti del suo ricchissimo mondo interiore, preparando il terreno per quello che sarà il dramma successivo. Purtroppo l'eccessivo controllo dell'azione e il continuo lavoro di cesello dell'autore saranno magari utili a produrre pagine godibili di bello stile, ma tolgono – a mio avviso – emotività al racconto, che finisce per essere molto “cerebrale”, frenato, povero di passione, per cui fatico a provare empatia per i protagonisti della storia.
Mi sembra di notare anche una certa discontinuità nel ritmo della narrazione: ad una prima parte che si presenta – come detto – lenta e descrittiva, ne segue una seconda sorprendentemente scorrevole e avvincente (quella che racconta le vicende di guerra), ad essa però ne segue una terza che inizia con una stucchevole descrizione della vita di Briony come infermiera e poi si riaccende improvvisamente con un finale che chiude (anche troppo rapidamente) tutte le parentesi che erano rimaste aperte.
Peccato, perché anche la conclusione presenta un mescolarsi di narrazione e metanarrazione che è idea attuale e indubbiamente interessante ma purtroppo è al servizio di una trama che non mi ha convinto più di tanto.
Peccato, perché il tema dei rischi del "narrativismo" (se questa era l'intenzione dell'autore) è attualissimo e stimolante e probabilmente avrebbe meritato uno sviluppo più articolato.


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