It's not my cup of tea
“L’alta ombra
fresca del bosco le fu di sollievo, l’intrico scultoreo dei tronchi
le parve incantevole. Superato il cancelletto di ferro, e la siepe di
rododendri, attraversò il prato aperto - venduto a un allevatore
locale come terra da pascolo - per risalire alle spalle della fontana
con il suo muro di sostegno e la riproduzione in scala del Tritone
del Bernini il cui originale era a Roma in piazza Barberini. La
figura muscolosa, accomodata sulla conchiglia, riusciva a schizzare
un getto alto pochi centimetri appena, la pressione era troppo bassa,
e l’acqua ricadeva sulla testa della statua, colando sulla chioma
di pietra e lungo il solco della possente spina dorsale su cui
lasciava una lucida chiazza verde scuro. In questo ostile clima
settentrionale, il Tritone era molto lontano da Roma, ma rimaneva
bellissimo nella luce chiara del mattino, come del resto erano belli
i quattro delfini che sostenevano la conca lambita dai flutti su cui
riposava. Cecilia osservò le improbabili scaglie sul dorso dei
delfini e sulle cosce del Tritone, prima di volgersi verso la casa.”
Ecco
cosa intendo. Una scrittura lenta, ampollosa, pesante e manierata.
Periodi lunghi, descrizioni particolareggiate ed eccessive che per
quanto possano essere eleganti e raffinate non mi invogliano nemmeno
un po'. Esagero? Vedete un po' voi:
“Entrò, attraversò
di fretta l’ingresso a piastrelle bianche e nere - com’era
familiare il suono dei suoi passi, com'era irritante - e fece una
sosta per prendere fiato sulla soglia del salone. Gocciolandole acqua
fredda sui piedi calzati di sandali, il mazzo sparso di epilobi e
iris le restituì uno stato d’animo un poco più allegro. Il vaso
che stava cercando era su un tavolo in ciliegio accanto alla porta
finestra socchiusa. A causa dell’esposizione a sud-est della
stanza, alcuni parallelogrammi dorati di luce mattutina avanzavano
sul tappeto blu polvere. Il respiro di Cecilia si fece più calmo
mentre aumentava il suo desiderio di una sigaretta. Esitò un istante
sulla porta, momentaneamente immobilizzata dalla perfezione della
scena, e restò lì, accanto ai tre divani sbiaditi disposti intorno
al camino gotico quasi nuovo con la sua riserva di falaschi
invernali, vicino al clavicembalo stonato che nessuno suonava e agli
inutili leggii in palissandro, ai tendoni in velluto, morbidamente
raccolti da un cordone intrecciato arancio e blu, a incorniciare un
cielo vuoto di nuvole e la terrazza a chiazze gialle e grigie tra le
cui lastre di pietra crescevano camomilla e partenio.”
Ok,
la smetto. È che tutto questo grondare di aggettivi, l'attenzione maniacale ai
dettagli unita a un evidente sfoggio di erudizione, sanno un po'
troppo di narcisismo, di auto-compiacimento. Ed è un peccato.
Perché
il mestiere c'è e si vede tutto: i personaggi sono tratteggiati
attraverso i loro comportamenti, ognuno è ben caratterizzato sin da
subito. È interessante,
ad esempio, come la piccola Briony osservi quello che succede intorno
a lei e lo interpreti (fraintendendo spesso) attraverso le lenti del
suo ricchissimo mondo interiore, preparando il terreno per quello che
sarà il dramma successivo. Purtroppo l'eccessivo controllo
dell'azione e il continuo lavoro di cesello dell'autore saranno
magari utili a produrre pagine godibili di bello stile, ma tolgono –
a mio avviso – emotività al racconto, che finisce per essere molto
“cerebrale”, frenato, povero di passione, per cui fatico a
provare empatia per i protagonisti della storia.
Mi
sembra di notare anche una certa discontinuità nel ritmo della
narrazione: ad una prima parte che si presenta – come detto –
lenta e descrittiva, ne segue una seconda sorprendentemente
scorrevole e avvincente (quella che racconta le vicende di guerra),
ad essa però ne segue una terza che inizia con una stucchevole
descrizione della vita di Briony come infermiera e poi si riaccende
improvvisamente con un finale che chiude (anche troppo rapidamente)
tutte le parentesi che erano rimaste aperte.
Peccato,
perché anche la conclusione presenta un mescolarsi di narrazione e
metanarrazione che è idea attuale e indubbiamente interessante ma
purtroppo è al servizio di una trama che non mi ha convinto più di
tanto.
Peccato, perché il tema dei rischi del "narrativismo" (se questa era l'intenzione dell'autore) è attualissimo e stimolante e probabilmente avrebbe meritato uno sviluppo più articolato.
Peccato, perché il tema dei rischi del "narrativismo" (se questa era l'intenzione dell'autore) è attualissimo e stimolante e probabilmente avrebbe meritato uno sviluppo più articolato.
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