mercoledì 20 luglio 2016

Sulla “tenace pulsione a sopravvivere degli uomini”


La nostra ragione, la nostra intelligenza, ci dimostrano continuamente che il mondo è atroce, motivo per cui la ragione e conduce al pessimismo, al cinismo e infine all’annientamento. Ma, per fortuna, l’uomo non è quasi mai un essere ragionevole, e quindi la speranza rinasce di continuo in mezzo alle sventure. Lo stesso rinascere di questa vita cosí assurda, cosí sottilmente e visceralmente assurda, dimostra che l’uomo non è un essere razionale. E cosí, non appena i terremoti devastano una grande regione del Giappone o del Cile, appena una gigantesca inondazione uccide centinaia di migliaia di cinesi nella regione dello Yang Tse; appena una guerra crudele, e per l’immensa maggioranza delle sue vittime senza senso, come la guerra dei Trent’anni, ha mutilato, torturato, assassinato e violato, incendiato e raso al suolo donne, bambini, paesi, immediatamente i superstiti, quelli che pure hanno assistito, spaventati e impotenti, a tali catastrofi naturali o umane, gli stessi esseri che in quei momenti di disperazione hanno pensato che mai piú avrebbero voluto vivere, che mai avrebbero voluto ricostruire le loro vite anche potendo, quegli stessi uomini e donne (soprattutto donne, perché la donna è la vita stessa e la terra madre, quella che non perde mai l’ultimo filo di speranza), quei precari esseri umani cominciano di nuovo, come formiche sciocche ma eroiche, a ricostruire il loro piccolo mondo di tutti i giorni: mondo piccolo, è vero, ma proprio per questo piú commovente. E quindi non erano le idee che salvavano il mondo, non era l’intelletto né la ragione, ma il contrario: erano le idee insensate, le cose prive di senso logico, la tenace pulsione a sopravvivere degli uomini, la loro ansia di respirare finché sarà possibile, il loro piccolo, testardo e grottesco eroismo di tutti i giorni di fronte alla sventura. E se l’angoscia è l’esperienza del Nulla, qualcosa come la prova ontologica del Nulla, non sarà forse la speranza la prova di un Senso Occulto dell’Esistenza, qualcosa per cui vale la pena di lottare? Ed essendo la speranza piú forte dell’angoscia non sarà che questo Senso Occulto è piú vero, per dire cosí, del famoso Nulla?

[Ernesto Sabato: "Sopra eroi e tombe"]

Nessun commento: