sabato 11 maggio 2019

Ádám Bodor – Boscomatto



C'è ancora tempo per la speranza?

Boscomatto è un libro strano ad iniziare dal titolo, perché in realtà qui non si parla mai di un bosco matto ma, eventualmente, di un bosco muto e allora meglio sarebbe stato attenersi alla traduzione letterale del titolo originale, gli uccelli della Verhovina.
Un libro nel quale ritroviamo le atmosfere sinistre di Satantango di Krasznahorkai ma anche personaggi bislacchi che ricordano quelli de La scuola degli sciocchi di Sokolov, come Danczura con la sua camicia gialla con la quale attira le farfalle che poi si mangia, la signorina Klara Burszie che trascorre il tempo in attesa che si avveri il vaticinio che le è stato fatto dell'arrivo di un ufficiale ungherese che la porti via da lì, la sarta Aliwanka che profetizza utilizzando l'acqua, Nika Karanika che è in grado di richiamare i morti alla vita e mille altre strane figure di cui è inutile sta qui a dar conto.
Il paesino di Jablonska Poljana sperso nella regione della Verhovina cui si accennava, è un microcosmo inospitale abbandonato anche dagli uccelli che dopo esser stati respinti dall'uomo hanno ormai rinunciato a nidificare in quelle zone; quello dipinto da Bodor è un mondo in disarmo, abitato da silenzi e da strani uomini che sembrano vivere più per abitudine che per convinzione. Un mondo chiuso, che sembra essere controllato dall'esterno, con il tempo che è diventato un lunghissimo presente ("Scuoto la testa, lo sguardo, alzo gli occhi al cielo: domani? Dopodomani? Anche quello è ormai oggi."). Si vive nell'attesa e nel timore di qualcuno che arrivi da fuori a cambiare la status quo, un qualcuno che si ignora chi sia e non si sa perché dovrebbe sovvertire quell'ordine. Un libro di atmosfere, più che di fatti, con la sensazione di incombenza e insieme di ineluttabilità ed inesplicabilità che accompagna il lettore dalla prima all'ultima pagina. Boscomatto è il racconto della lunga attesa di una comunità ("Attendiamo che magari venga qualcuno. […] A dire il vero attendiamo solo il passare del tempo.") che ha messo la sordina ai sentimenti  e che riesce a provare al massimo pulsioni perché quando qualcuno dei personaggi prova ad avvicinarsi ad un altro sembra aver dimenticato il modo di farlo, i gesti, le parole: gli abitanti di  Jablonska Poljana sono uomini e donne disabituato al contatto, induriti dalla vita.
Un microcosmo che sembra essere la metafora della nostra società: le cose succedono – sembra dire Bodor – ed è inutile provare a dare loro un senso perché la vita non ha senso e l'unica possibilità che ci è data è quella di provare ad adattarci ad essa per non finire travolti da quello che sarà.
Boscomatto è il racconto di un lungo crollo, la morte di un sistema per autoconsunzione, un gran libro, elegante ma duro, che sembra non lasciare spiragli di luce al lettore. Attenzione, però, perché alla fine si affacciano in cielo dei piccoli uccelli, i codirossi: c'è ancora tempo per la speranza?

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