C'è
ancora tempo per la speranza?
Boscomatto è un libro strano ad iniziare dal titolo, perché
in realtà qui non si parla mai di un bosco matto ma, eventualmente, di un bosco
muto e allora meglio sarebbe stato attenersi alla traduzione letterale del
titolo originale, gli uccelli della Verhovina.
Un libro nel quale ritroviamo le
atmosfere sinistre di Satantango di Krasznahorkai
ma anche personaggi bislacchi che ricordano quelli de La scuola degli sciocchi di Sokolov, come Danczura con la sua
camicia gialla con la quale attira le farfalle che poi si mangia, la signorina
Klara Burszie che trascorre il tempo in attesa che si avveri il vaticinio che
le è stato fatto dell'arrivo di un ufficiale ungherese che la porti via da lì, la
sarta Aliwanka che profetizza utilizzando l'acqua, Nika Karanika che è in grado
di richiamare i morti alla vita e mille altre strane figure di cui è inutile
sta qui a dar conto.
Il paesino di Jablonska Poljana
sperso nella regione della Verhovina cui si accennava, è un microcosmo
inospitale abbandonato anche dagli uccelli che dopo esser stati respinti
dall'uomo hanno ormai rinunciato a nidificare in quelle zone; quello dipinto da
Bodor è un mondo in disarmo, abitato da silenzi e da strani uomini che sembrano
vivere più per abitudine che per convinzione. Un mondo chiuso, che sembra
essere controllato dall'esterno, con il tempo che è diventato un lunghissimo
presente ("Scuoto la testa, lo sguardo, alzo gli occhi al cielo: domani?
Dopodomani? Anche quello è ormai oggi."). Si vive nell'attesa e nel timore
di qualcuno che arrivi da fuori a cambiare la status quo, un qualcuno che si
ignora chi sia e non si sa perché dovrebbe sovvertire quell'ordine. Un libro di
atmosfere, più che di fatti, con la sensazione di incombenza e insieme di
ineluttabilità ed inesplicabilità che accompagna il lettore dalla prima
all'ultima pagina. Boscomatto è il
racconto della lunga attesa di una comunità ("Attendiamo che magari venga
qualcuno. […] A dire il vero attendiamo solo il passare del tempo.") che
ha messo la sordina ai sentimenti e che riesce
a provare al massimo pulsioni perché quando qualcuno dei personaggi prova ad
avvicinarsi ad un altro sembra aver dimenticato il modo di farlo, i gesti, le parole:
gli abitanti di Jablonska Poljana sono
uomini e donne disabituato al contatto, induriti dalla vita.
Un microcosmo che sembra essere la
metafora della nostra società: le cose succedono – sembra dire Bodor – ed è
inutile provare a dare loro un senso perché la vita non ha senso e l'unica
possibilità che ci è data è quella di provare ad adattarci ad essa per non
finire travolti da quello che sarà.
Boscomatto è il racconto di un lungo crollo, la morte di un
sistema per autoconsunzione, un gran libro, elegante ma duro, che sembra non
lasciare spiragli di luce al lettore. Attenzione, però, perché alla fine si
affacciano in cielo dei piccoli uccelli, i codirossi: c'è ancora tempo per la
speranza?
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