Il
buio delle notti bianche
È possibile per un ex-funzionario
della polizia politica sovietica provare nostalgia per i 'bei tempi andati',
intendendo con questo termine quelli del terrore staliniano? Sì, è possibile, e
Ronda di notte ne è la dimostrazione.
Se la cosa può urtare la suscettibilità del lettore, sappiate che il vostro
fastidio sarà ancora maggiore quando scoprirete che in questo libro la
narrazione dei ricordi del compagno Polubolotov si sviluppa con un registro
leggero, a tratti addirittura lirico ed intriso da un'ironia sottile, come se
il protagonista non avesse consapevolezza delle azioni commesse.
Quello di Kuraev è un romanzo
breve, che propone un punto di vista originale e provocatorio (fin troppo
provocatorio…) per raccontare il buio dell'epoca sovietica attraverso
l'esistenza di un piccolo uomo senza morale. Sullo sfondo delle notti bianche
leningradesi di dostoevskijana memoria, vanno in scena i ricordi del
protagonista del libro che per giustificare i suoi comportamenti passati usa
parole che ricalcano alla lettera quelle di qualche ex-gerarca nazista: "Questo
dovevamo fare, fonderci con la nostra epoca, e questo ho fatto." E ancora:
"Si dice adesso che qualcuno abbia sbagliato, posso ammetterlo, anche se
personalmente non lo credo, ma che tutto il popolo abbia sbagliato, abbi
pazienza!.... Un'opinione del genere nessuno potrebbe condividerla, neppure
oggi."
Polubolotov era semplicemente un
soldato che obbediva agli ordini, e questo gli sembra sufficiente per togliersi
ogni peso dalla coscienza. Vaso di coccio tra vasi di ferro, che grazie ad un
comportamento accorto ha saputo attraversare indenne la tempesta ("ho
sempre avuto l'abitudine di tenere la bocca chiusa, ed è per questo che sono
arrivato sin qui sano e salvo, come vedi. Non mi lamento; attraverso i vetri
limpidi delle finestre osservo la città spazzata dai venti primaverili, mi sono
riturato dal servizio, con medaglia e pensione… non di mia spontanea volontà,
certo, però mi è sempre andata meglio che a Pil'din…").
Ccome detto Ronda di notte è un libro pervaso un'ironia sottile e da uno humor
nero che a tratti riecheggiano Gogol' e anche il Vojnovic di Propaganda monumentale, ma che
nonostante l'apparenza non si arrende all'inevitabilità del male: "…Ho
notato che durante le notti bianche tutto il disordine della vita sembra
scomparire, – dice Polubolotov – non viene a galla, si nasconde, diventa
invisibile, e la pace scende sugli uomini e sulla natura… In una notte bianca
persino la pioggia, il vento impetuoso e i cicloni sono rarissimi."
Torniamo dunque alla bellezza che salverà il mondo? Forse, o magari la risposta
che Kuraev cerca è ancora più nel profondo, nelle radici dell'anima russa, nelle
ricerca di una 'pulizia interiore' alla quale sembra alludere anche l'usignolo,
simbolo che ritorna spesso nelle pagine nel libro ed al quale è affidato il
compito di risvegliare le coscienze.
"Perché mi piace fare il
turno alla vigilia delle feste? In occasione delle feste, dopo
l’inverno, si lavano tutte le vetrate, sia qui in fabbrica sia alla
direzione. E le tende, non so se lo hai mai notato, non vengono rimesse a
posto subito. Probabilmente le mandano in lavanderia. Fatto sta che per
tre o quattro giorni le vetrate appena pulite rimangono senza tende. Non c’è
nulla di più bello di una finestra ben lavata! È come se quello spazio
immacolato e trasparente non si aprisse nella parete, ma dentro la tua
anima! Attraverso un vetro limpido anche la vita all’esterno sembra
splendere piena di gioia.
Eh sì, tu sei libero di pensarla
come buoi, ma secondo me nelle notti di Leningrado c’è qualcosa di unico
ed eccezionale, una specie di sogno che si spande sulla città... Il
silenzio. L’impressione che non vi sia nulla di malvagio né di fosco,
che il futuro sia ancora tutto da giocare, e la vita stia appena cominciando.
Guarda le nuvole, leggere come carta, che si stendono sulla terra simili a
fogli bianchi; siediti e scrivi la tua vita in bella copia... La notte
bianca ci è offerta per meditare su ciò che stiamo facendo, su dove stiamo
andando...".
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