La
pura superficie è una raccolta
di testi in prosa e in poesia che già dal titolo si richiamano al Wallace
Stevens di Dalla superficie delle cose.
Quello dell'autore è un punto di
vista controcorrente, che dichiara fin dalla prima poesia di voler rinunciare a
scavare nel profondo per comprendere la natura intima delle cose ("Ho
scritto un testo che non tende a nulla. Vuole solo esserci, come tutti. / Ho
scritto un testo che rimane in superficie."), anche se questo non significa
rinunciare a descriverle.
Si vive – dice Mazzoni – di precarietà,
luoghi comuni e soluzione preconfezionate con le quali cerchiamo di scavalcare
la complessità di un mondo che non riusciamo a comprendere, si vive cercando di
uscire dall'impasse, esorcizzando con il movimento l'impossibilità di dare un
senso alle nostre azioni. Galleggiamo cercando di costruirci piccole isole
intime di conforto, anime alla deriva in un mare nel quale stabiliamo relazioni
temporanee ("una schermatura, una costruzione fatta per incapsularsi e
coesistere senza attrito, prevedibilmente") nascondendo nel profondo un Io
fragile, incerto. Chiusi in noi stessi guardiamo la vita attraverso un vetro
che ci separa dagli altri, incapaci di rompere quel diaframma che ci
permetterebbe di entrare davvero in contatto. Anche le parole non riescono più
ad aiutarci perché hanno assunto un significato diverso per chi le pronuncia e per
chi le riceve e l'unico viaggio nel quale possono assisterci è quello in
verticale, all'interno di noi stessi, non in orizzontale, verso l'altro.
"Da qualche tempo gli eventi
scivolano sopra di me,
non mi toccano. Su questo lato
sono con voi, un altro scorre
dentro,
è invisibile e mi sovrasta.
Ho proseguito oltre l'ultima
fermata,
Étoile, senza una ragione,
guardavo gli altri, volevo
distruggere o capire."
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