Chiudo gli occhi e la giostra comincia
a girare
Esordio con il botto di uno
scrittore da seguire con attenzione, Siamo
vissuti qui è un libro che coniuga con sapienza una trama originale con uno
stile "espressionista", alternando nella narrazione il punto di vista
interno ed esterno e il tempo presente con il passato remoto.
Atmosfere claustrofobiche, che riecheggiano
quelle del Gelo bernhardiano, per una
storia ambientata in un paesino di montagna, dove la vita che scorre su binari
cristallizzati attraverso generazioni di padri padroni e madri invisibili viene
sconvolta dall'arrivo di uno straniero. Tra simboli, metafore e riti di
iniziazione, Moster descrive con mano sicura quello che succede quando un
granello di sabbia entra nei meccanismi della macchina e finisce per mandarla
fuori giri. Desideri da sempre frustrati trovano l'occasione per alzare la
testa ed opporsi ad uno status quo iniquo, resuscitandone gli istinti più
bestiali. I personaggi del romanzo sono tutti o quasi ben caratterizzati e i
vuoti che la narrazione presenta sembrano essere un "non detto"
inserito ad arte per alimentare la tensione narrativa, ma identificherei il
tratto dominante del libro nel linguaggio e mi riferisco soprattutto alle parti
in cui la ragazzina parla in prima persona, frasi brevi e secche come sentenze
ma che si lasciano dietro una scia di amarezza, fatica e disillusione,
difficile da dimenticare. Verrebbe da dire che forse è proprio la parola
l'unica strada che la ragazza può percorrere per rompere le catene che la
tengono legata al padre e al paese, solo attraverso la parola riuscirà ad
essere libera, almeno con la fantasia.
"Chiudo gli occhi e la
giostra comincia a girare. Spalanco gli occhi e la giostra si ferma."
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