Alberto Jesús Laiseca è stato uno
dei tanti "irregolari" della letteratura sudamericana come ben testimonia
questa raccolta, una serie di racconti nei quali si fatica a trovare un tratto
comune. Da subito si è proiettati in un mondo nel quale il reale si scompone e
trasforma in immaginario come nelle Metamorfosi di Escher, con il tempo che
risulta un'opinione e le regole che finiscono
spesso per essere capovolte. È un mondo che diverte e insieme confonde il
lettore che inevitabilmente arranca dietro alle trovate dello scrittore
argentino faticando a trovare punti fissi ai quali ancorarsi.
Non è semplice entrare in sintonia
con una scrittura così ricca di aggettivi e con un genere sospeso tra il
grottesco e il fantastico e che Laiseca definiva "realismo delirante",
ma attenzione a non prendere sottogamba queste storie: a volte basta sostituire
ai protagonisti le vittime della repressione argentina per scoprire un
sottotesto molto più ricco di quanto possa sembrare in apparenza.
Tra le pagine di Uccidendo nani a bastonate si trova un
po' di tutto (a parte i nani del titolo che sono solo una metafora
"forte"): autobus spinti dagli uomini, macchine per viaggiare dentro
ad un tornado, strumenti di tortura, persino una macchina per pugnoscrittura a
pedali e piante che assorbono la violenza… ma sono soprattutto i temi di questi
racconti a disorientare il lettore. La lingua, la pazzia, la paranoia, il
potere tecnocratico, la tortura e soprattutto i frequenti riferimenti al
nazismo, spesso ridicolizzato (e di nuovo non si può non pensare alla guerra
sporca degli anni '70).
Passeggiando sull'orlo del vulcano,
Laiseca si diverte a gettarci in faccia ciò che dovrebbe scandalizzarci,
mostrandoci come ciò sia stato ormai depotenziato fino a diventato routine, non
riuscendo più a scuotere i nostri animi, lasciandoci nel dubbio se gli
strampalati racconti di Uccidendo nani a
bastonate siano esercizi di stile, apologhi travestiti da nonsense o, più
probabilmente, entrambi le cose.
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