sabato 16 maggio 2020

Autobiografia di Irene – Silvina Ocampo



«Nella veglia, abitiamo in un mondo comune, ma nel sogno ognuno di noi penetra in un mondo proprio.»

Cinque racconti borgesiani di algida eleganza nei quali Silvina Ocampo introduce l'elemento fantastico all'interno della narrazione classica e ne studia le conseguenze. I temi trattati sono soprattutto quelli della memoria e del sogno e paradigmatico in questo senso è già il primo dei racconti della serie (Epitaffio romano) nel quale risuonano echi eraclitei (nessun uomo entra due volte nello stesso mare) per affermare da un lato che le cose si ripetono sempre e dall'altro che non sono mai esattamente uguali a se stesse ma si trasformano, e che la fantasia è l'unica arma a disposizione dell'uomo per evadere dalla prigione della vita. La fantasia e la letteratura, aggiungiamo noi, perché così sembra suggerire l'espediente stilistico dei tre finali al quale ricorre la scrittrice.
Mescolando sogno e realtà la Ocampo crea una zona grigia nella quale le cose possono essere vere o solo immaginate, così come i ricordi possono essere attendibili oppure falsi. È un territorio misterioso e carico di possibilità; ci ritroviamo di nuovo su un terreno letterario nel quale il vero ha la stessa dignità del verosimile, un campo nel quale possono fiorire mondi infiniti.
Inutile cercare certezze, nei racconti della Ocampo tutto è provvisorio: "perché, ammesso che questi racconti fossero sogni, Armando fingeva di essere un altro personaggio? Fingeva o davvero sognava di essere un altro, e si vedeva dal di fuori?" (L'impostore). La confusione è il pane dell'immaginazione, la fantasia non ammette vincoli, neppure quelli della parola scritta che tradisce il pensiero legandolo ad un'unica realtà ed impedendogli quel cambiamento di cui si nutre: "disdegno quei grossolani strumenti che fissano, che deformano il pensiero: quei nemici della metamorfosi e della collaborazione. Chi oserà stampare le mie parole le distruggerà. […] La memoria è infinita, ma più infinita e più capricciosa ancora, come i sentieri di un dedalo, è l'invenzione che la modifica." (Frammenti del libro invisibile)

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