Un viaggio al termine della notte tra Dostoevskij, Céline e Lamborghini
Le femmine e Vecchio scorticatoio sono due monologhi potenti, apocalittici e disperati con i quali Hilbig urla al mondo la sua rabbia e impotenza nei confronti della società che lo circonda, figlia di una generazione che non ha fatto ancora davvero i conti con la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Quello che descrive con un'efficacissima scrittura "espressionista" è un cammino di sconfitta, un viaggio al termine della notte tra rifiuti, incubi e fantasie distorte, un viaggio che parte da un'ossessione e lo precipita in un vuoto esistenziale.
Il protagonista de Le femmine è un uomo perduto, un'anima solitaria incapace di comunicare con gli altri, di sentire come loro sentono. Vive tra bidoni di immondizia, scarto tra gli scarti, diviso dal mondo e avvitato su se stesso, vittima anche della sua incapacità di definirsi.
«Sì, la mia era una malattia della parola…»«Fuori il mio corpo correva nella notte, del tutto insensibile, mentre dietro di me la parola era immersa nel miasma stantio, diffuso e tuttavia tenace di un'angoscia vecchia e impenetrabile, i vocaboli si dibattevano imprigionati in reti nebulose, e più i guizzi di terrore laceravano fili e maglie, più quelle si tendevano fitte e sottili. Che cosa ci facevano le mie parole in mezzo a quel groviglio, mi domandavo: forse cercavano di accoppiarsi e non ci riuscivano; va' via, su vieni, resta qui…erano parole guastate dalla diffidenza verso il luogo in cui venivano pronunciate.»
Il dramma nasce anche da questo: dal comprendere di essere affetto da una specie di schizofrenia della parola proprio nel momento in cui ci si è appesi alla scrittura come ciambella di salvataggio da un mondo che va alla deriva. Incapace di entrare in sintonia con la realtà, il protagonista de Le femmine si rifugia in un solipsismo esasperato, finendo per perdere anche il contatto con se stesso e precipitando in uno stato di abulia, solo con l'unico conforto delle sue visioni.
Simile è il percorso del protagonista di Vecchio scorticatoio, un ragazzo che cerca di scomparire, alla ricerca di un luogo fisico che in realtà è un luogo dell'anima, esule in un terra di mezzo ai margini della società. Il suo è un viaggio veloce verso il dubbio, la confusione, il nulla. Anche qui le parole, ultima bussola per orientarsi nello disfacimento generale, perdono il loro significato e lasciano l'uomo solo, abbandonato al suo destino. Solo a urlare il suo grido afasico nel vuoto.
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http://www.altrianimali.it/2021/04/09/contaminati-paese-la-gente-linguaggio/
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