domenica 28 giugno 2015

Richard Ford – Rock Springs


Due orizzonti

Una raccolta di racconti che ha al centro il medesimo universo descritto da Carver, con la differenza che la scelta stilistica di Richard Ford pur non allontanandosi molto dal territorio minimalista (penso a certe suggestioni evocate dal “non detto” dei dialoghi, all'attenzione per cose o situazioni utilizzata per avvertire il lettore dell'importanza del momento), si caratterizza per una scrittura più “piena”, ricca di aggettivi, e forse per una una maggior attenzione alla morale, all'aspetto etico dei comportamenti dei personaggio (anche se non in tutti i racconti).
Si parla di vinti, di quelli che vivono ai margini, personaggi che trascinano le loro esistenze da un punto all'altro dell'America senza avere una prospettiva concreta, proponendosi un orizzonte che è quello di una vita diversa, la speranza che il nuovo sia qualcosa di meglio del nulla che stringono ora nei pugni. Questo però è l'orizzonte che raccontano agli altri, una prospettiva di facciata, bella da dire ma impossibile da raggiungere. In realtà il loro sguardo è rivolto a un orizzonte molto meno lontano, al cambiare per sopravvivere, al mettere insieme un giorno dopo l'altro.
I personaggi di Rock Springs vanno, sono in continuo movimento, fuggono dalla povertà pur essendo consapevoli che ciò che li attende non sarà molto diverso da quello che lasciano. Da qui nasce la tragedia delle loro vite, dal loro essere disincantati, dal fatto che non credono più ai sogni che si raccontano.
“Racconti commoventi e spiritosi”, sono definiti nella quarta di copertina. Ecco, in Rock Springs io di spiritoso ci vedo ben poco. Ci leggo piuttosto una grande attenzione all'uomo, descritto nella sua nudità, senza pietismo, senza tacerne i vizi e le cattiverie ma non per questo ignorando quella luce in fondo al tunnel che Ford è maestro nel saper cogliere.
Al disincanto del protagonista di Rock Springs, il racconto che da il titolo alla raccolta
Non so cosa ci fosse tra noi due. La stessa corrente ci aveva fatto arenare sulla spiaggia: stringi stringi, forse era soltanto questo.E poi, più avanti: c'era sempre un divario tra il progetto e quello che accadeva, e io non facevo altro che reagire alle cose che mi capitavano e sperare di non mettermi nei guai. Agli occhi della legge ero un criminale. Ma io la pensavo diversamente, sempre come se non fossi un criminale e non avessi alcuna intenzione di diventarlo, che era la verità. […] E io pativo le pene dell'inferno per i miei atti che erano spesso gli atti di un criminale, e per le mie idee, che non erano meno buone dell'oro che stavano estraendo là dove sfolgoravano quelle luci abbacinanti
alla consapevolezza dei personaggi dell'inutilità degli sforzi per uscire dal pantano
la risposta è la vita, – scrive Ford in Great Falls, – la mediocrità della vita, una freddezza che c'è in ognuno di noi, un'impotenza che ci porta a fraintendere la vita quando è pura e semplice, che fa sembrare la nostra esistenza un confine tra due nulla, e che ci fa essere né più né meno come animali che si'incontrino per la strada: guardinghi, inesorabili, privi di pazienza e di desiderio
a una specie di anestesia dei sentimenti ben rappresentata da questo dialogo in Amore
Cosa pensi ogni sera, quando vieni a letto con me?”
Penso solo ecco un altro giorno che se n'è andato
alla solitudine
Non volevo pensare solo a me. Mi rendevo conto, in realtà, che era tutto quello che avevo fatto sempre, e forse tutto quello che si poteva fare, e comunque una cosa che ti riempiva di amarezza, di solitudine e di scoraggiamento. – dice il giovane George, protagonista di Figli
e alla sensazione di esclusione
A cos'ero buono io? Cosa c'era di terribile in me? Qual era il mio lato migliore? – è sempre George che parla – […] Il mondo esterno era un luogo che non sembrava nemmeno esistere, un luogo deserto dove potevi stare a lungo senza mai trovare una cosa che ammiravi o che amavi o speravi di serbare. E in quel luogo noi passavamo inosservati: tutt'e due.
fanno da contraltare la fragilità, il tentativo di approcciare sentimenti come l'amore, pur non avendo gli strumenti migliori per farlo
Sapevo cos'era l'amore e sapevo di che si trattava. – dice Russel in Great Falls – Si trattava di non inguaiarsi e di non inguaiare nessuno. Si trattava di non lasciare una donna per il pensiero di un'altra. Si trattava di non essere mai in quel posto dove dicevi che non saresti stato mai. E si trattava di non essere mai solo. Mai. Mai.
o la ricerca di empatia, l'aspirazione a una vita normale e il bisogno di essere accettati, come Les in La preda
E pensavo a quella storia della fiducia. Che sarei sempre stato pronto a mentire, se le mie menzogne avessero risparmiato a qualcuno dell'infelicità. Questo era facile. E che preferivo che una persona non si fidasse di me, piuttosto che esserle antipatico. […] Che potevi ragionevolmente prevedere quello che avrei fatto: che non avrei commesso, per esempio, una malvagità; che potevi contare sul fatto che avrei rischiato la vita, per te, se avessi saputo che era abbastanza importante.

Una persona è molto di più di quello che fa, sembra dirci Richard Ford, perché nell'animo umano coesistono forze uguali e contrarie e riuscire a definire un individuo nella sua globalità è impresa affatto semplice.
Sono egoista” disse Sterling. “Lo sono sempre stato. Sono capace di mentire, rubare, imbrogliare.”
Lois gli battè una mano sulla spalla. “Sei anche generoso, però”
(Fuochi artificiali)


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