C'è un libro in ognuno di noi.
Un
soffio di vita è un testo postumo di
Clarice Lispector e raccoglie le carte che la grande scrittrice non fece in
tempo a ordinare e pubblicare in vita. Non rappresenta però un malinconico
canto del cigno quanto piuttosto un vero e proprio "grido di un uccello
rapace", e non poteva essere altrimenti considerando la personalità forte
dell'autrice che in queste pagine spinge così in profondità la riflessione al
punto di attorcigliarsi su se stessa in un vorticoso corpo a corpo con la
scrittura - spesso contraddittorio - che
non guarda mai al lettore e che si muove in equilibrio precario sul bordo
sottile dell'illeggibile, sconfinando volentieri oltre questo limite («senza inizio né fine, sono il punto prima
dello zero e del punto finale. Dallo zero all'infinito camminerò senza
fermarmi. Dallo zero all'infinito camminerò senza fermarmi. Ma allo stesso
tempo tutto è così passeggero. Io sono sempre esistito e di colpo non ero più.
Il giorno là fuori scorre a caso e ci sono abissi di silenzio in me.»).
Qui si parla di eternità, di un
tempo che non esiste, di immanenza, di un eterno presente, ma anche di un altro
punto fermo della produzione letteraria della Lispector: il rapporto tra parole
e scrittura («sono uno scrittore che teme le trappole delle parole: le parole
che dico ne celano altre – quali sono? Forse le dirò. Scrivere è una pietra
gettata in un pozzo profondo.»). Si parla di scrittura salvifica e della
creazione di un doppio (Ângela Pralini) che dovrebbe aiutare lo scrittore
protagonista del libro nella ricerca del senso della vita, attraverso un botta
e risposta nel quale lui e il suo alter ego sembrano non tanto dialogare quanto
seguire ognuno il corso dei suoi pensieri.
Così, in un gioco di specchi
meta-letterario, succede che Ângela sia la creazione del protagonista a sua
volta creazione dell'autrice, Ângela che rappresenta tutto ciò che lo scrittore
avrebbe voluto essere, «l'evoluzione di un sentimento», qualcosa che da
interiore si è esteriorizzato fino a oltrepassare la volontà dell'autore e
sostanziarsi in qualcosa d'altro pur rimanendo inconsapevole di se stessa,
della sua identità. Ângela è il
tentativo dello scrittore di vincere le regole del tempo per innalzarsi fino
all'immortalità in una tensione continua tra l'essere e il divenire,
nell'aspirazione di riuscire a fondere attraverso la parola corpo e anima in un
unicum inteso non come qualcosa di statico ma come movimento, equilibrio
incerto su un filo teso a cento metri da terra.
Per Clarice Lispector l'esistenza
stessa è una tensione continua, voglia di trascendere, rilanciare, andare oltre
e al tempo stesso un alternarsi di sogno e coscienza, una selva intricata che la
grande scrittrice attraversa usando come guida non la logica ma l'istinto,
aspirando al raggiungimento di un nulla che rappresenta una sorta di «stato di
Grazia», il distacco dalle cose del mondo per accedere ad una dimensione
diversa.
La parola rappresenta per
l'autrice brasiliana il fine e il mezzo, lo strumento al quale si è affidata
nel corso di tutta la sua ricerca e che al tempo stesso non ha mai smesso di
temprare, cercando di adattarlo ai suoi scopi con una dedizione così costante a
punto da attribuire alla parola un ruolo quasi mistico. Scrivere, per Clarice
Lispector, è la risposta al bisogno di ordinare il suo caos interiore e
contemporaneamente il suo modo di stare al mondo.
Un
soffio di vita è un libro
frammentario che nella terza parte, il libro di Ângela, procede a strappi,
spostando l'attenzione a quel mondo delle cose che Ângela cerca di cogliere
nella loro essenza, nel loro aspetto immateriale, convinta che esse contengano
al loro interno un progetto in grado di proiettarle in una dimensione onirica
(«Il procedimento di Ângela, quando scrive, è lo stesso di quando si sogna: si
vanno formando immagini, colori, atti e soprattutto un'atmosfera di sogno che
sembra un colore e non una parola. Lei non sa spiegarsi. L'unica cosa che sa è
fare, fare senza capire.»).
Il senso di questa ricerca è la
stessa autrice a rivelarlo: comprendere se stessa per chiudere il cerchio per
arrivare così all'assoluto. Impresa non facile se ti chiami Lispector: la sua è
una sfida continua ad amplificare la propria coscienza, ad alzare costantemente
l'asticella delle sue aspirazioni, un viaggio periglioso alle fonti dell'Io,
verso un abisso interiore «attraverso il quale, fantasmagorica, comunico con
Dio.»
Un
soffio di vita è un libro
particolare, che non guarda minimamente al lettore, un'opera che mi sento di
consigliare solo ai pochi devoti di stretto rito lispectoriano.
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