Nichilista?
Altroché!
Difficile guardare al futuro con
ottimismo per chi, come Arno Schmidt, ha partecipato alla II Guerra mondiale
nelle fila dell'esercito tedesco, avendone vissuto in prima persona gli orrori
e le aberrazioni. Il cinismo è la cifra di un autore che non nutre più alcuna
fiducia nell'uomo e nell'umanità e che sembra solo attendere ed auspicare la
fine della storia.
Leviatano è un libro durissimo, il resoconto diaristico di
due giorni di viaggio in treno di un gruppo di sbandati slesiani in fuga
dall'esercito russo. Una scrittura per frammenti: immagini, gesti, colori. Parole
appuntite come spade, verbi ripetute, frasi secche e condensate all'osso che si
alternano con ritmo sincopato restituendo perfettamente l'atmosfera cupa del
momento ("Il lungo crepuscolo. Trascinare. Buio bisbiglia, al modo di un
pittore che mescoli incerto un colore notturno. Trascinare. Giallo polveroso.
Trascinare. Rosso fuligginoso. Trascinare. Da una finestra sul vuoto ammiccò
pieno il primo astro; grasso, sfacciatamente giallo, un banchiere. Trascinare.
Il cielo si fece chiaro e promise freddo in arrivo.")
I protagonisti sono uomini e donne
che si aggirano intorno ai binari di luoghi spettrali come morti-viventi,
sonnambuli che galleggiano in un presente fragilissimo, sospeso tra un passato
troppo lontano e un futuro inesistente. L'hic et nunc di Arno Schmidt è
provvisorietà, pura sopravvivenza senza margini per la speranza. Nulla sembra
avere senso: Dio, le leggi che regolano la materia, i principi della fisica e
della filosofia, le cose del mondo.
Un mondo alla fine del mondo, dove
vivere o morire è solo questione di fortuna.
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