Il
buio a luci accese, esordio
letterario di David Hayden è una sorprendente raccolta di racconti molto diversa
dalle letture consuete, un'opera a metà strada tra lo sperimentale e il
surreale che frantuma le leggi della scrittura e le riscrive secondo la poetica
personale dell'autore irlandese.
Storie che scaturiscono dalla
collisione di situazioni contrastanti: in Sortita
c'è un che uomo si getta dal cornicione di un palazzo ma la sua caduta sembra
non arrivare mai a compimento perché il tempo rallenta, ne Il pane spezzato assistiamo ad una scena di cannibalismo nel
contesto di una cena elegante, in Smembrato
una testa mozzata rotola cantando… e così via.
La storia prescinde dalla logica,
sembra dirci Hayden, anzi compito della storia è quello di infrangere le leggi della
logica per percorrere sentieri nuovi. In quest'ottica gli oggetti, le
situazioni, hanno il solo scopo di ispirare la formazione della trama: "il
banditore è indifferente agli oggetti, quel che colleziona sono le storie che
abitano le cose", dice la voce narrante de Il banditore, l'essenza di un libro non sono "le parole in se
stesse ma quel che c'è sotto, cioè quello che ci può liberare".
"Ogni cosa è un varco verso
un altro oggetto o verso un evento", si legge ne La casa dei ricordi, e questo evento può essere del genere più
disparato ma deve avere sempre la caratteristica – come detto – di scardinare
la realtà, perché l'unica realtà è la finzione, approdo borgesiano che in Dick Hayden eleva a canone della sua
poetica.
E così succede che la luce e il rumore
acquistino spessore ("dal soffitto si riversa qualcosa di bianco e
appiccicoso; è luce", e ancora: "il rumore si gonfia alle mie spalle
e poi si allontana incanalandosi prima di ripiombarmi in testa e giù per le
scale" e che l'Io che abita la storia sia diverso da quello che la sta
narrando (La casa dei ricordi).
Difficile venire a capo di
racconti nei quali il tempo si dilata o si contrae e lo spazio mescola reale e
fantastico, a volte metafore ed allegorie sembrano darci una mano ad orientarci
ma l'impressione è che l'intento dell'autore sia piuttosto quello di farci
partecipare al gioco piuttosto che provare a comprenderlo, perché "il
gioco non è divertimento. È quello che dobbiamo fare per vivere" e
"lo scopo di qualsiasi gioco è l'abolizione della realtà biologica" (Il gioco). Un gioco che, va da sé, è
incentrato sulle parole, che "non sono nient'altro che macchie mute finché
non si scopre cosa significano, ma quando le si mettono insieme sono capaci di
dire ogni genere di cose" (Come
leggere un libro illustrato).
E se le cose non sono abbastanza
chiare, ecco un esempio preso dallo stesso racconto: " -Mettete tutti i
verbi da una parte e i sostantivi dall'altra, poi leggeteli in coppia in varie
combinazioni per ottenere la vostra figura: Coniglio stropicciato, soldato
singhiozzante… Su, provate voi.
- Minatore sorridente - dice un
ragazzino con la faccia a limone, con in testa un berretto di lana.
- Ottimo. Ora che avete la vostra
figura, potete cominciare a chiedervi "perché?" e continuare così
finché non avrete la vostra storia."
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