domenica 23 settembre 2012

La caduta



Sono caduto su un mare di specchi
Tra sorrisi di circostanza
Ed attenzione agli schizzi
Tra strette di mano sudate
E lingue affilate come lame.
Una caduta rovinosa
Con vetri in frantumi
Che riflettevano all’infinito
La mia immagine deformata.
Una caduta fragorosa
Come non avrei voluto
In mezzo a una folla
Prima attonita e poi seccata.
Spruzzi in ogni canto
Acqua e fango sulle vesti.
Inutili le scuse e le frasi di rito
La colpa ad altri o al fato
Le promesse di riparare al danno procurato
Le assicurazioni che in futuro mai
E più attenzione in caso che.
Sono caduto in mare un giorno
Ed al risveglio non ricordavo di avere sognato
Quando mi sono alzato
Non ero neppure bagnato.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

sabato 25 agosto 2012

Il senso ordinario delle cose


Cadute le foglie, torniamo
Al senso ordinario delle cose. E' come se
Avessimo esaurito l'immaginazione,
Inanimi in un sapere inerte.

E' difficile persino scegliere l'aggettivo
Per quanto freddo e vacuo, questa tristezza senza causa.
La grande struttura è diventata una casa modesta.
Nessun turbante percorre i pavimenti immiseriti.

La serra ha più che mai bisogni di una riverniciatura.
Il comignolo ha cinquant'anni e pende da una parte.
Uno sforzo fantasioso è fallito, una ripetizione
Nella ripetitività di uomini e mosche.

Eppure l'assenza dell'immaginazione doveva
Essa stessa essere immaginata. La grande vasca,
Il suo senso ordinario, senza riflessi, foglie,
Fango, acqua come vetro sporco, espressione di un certo

Silenzio, il silenzio di un topo uscito a vedere,
La grande vasca e la rovina delle ninfee, tutto ciò
Doveva essere immaginato come una conoscenza inevitabile,
Imposta, come impone una necessità.

[Wallace Stevens: "Il mondo come meditazione"]

mercoledì 22 agosto 2012

Laguna dantesca

Voglio come una piccola barchetta star da solo
e scivolare su un elemento
all'orizzonte, labbra che qualcosa sanno ma restano chiuse
sotto il cielo della luna.

C'è qualcosa che voglio osservare bene, faccia a faccia.

Come una pietra, o altra cosa grave, voglio discendere
        nell'acqua limpida
eternamente,
                        svanire come fece lei,
linea dopo linea dissolta, negli abissi lunari.

Voglio come queste campanule viola dalla iacaranda
brillare con le stelle fisse,
sfinito e appagato di me.

Raganelle gracidano nel buio. Il piccolo ottone del mondo
naturale gracida e quel che io voglio
non è nulla per loro.

Sopra di me il gran cane è accucciato nel cielo basso del sud
         e attende il suo momento.

Voglio tornare come un pezzetto di carta bruciata.

[Charles Wright: "Crepuscolo americano e altre poesie (1980-2000)"]

domenica 19 agosto 2012

Stig Dagerman

Il viaggiatore

Lascio sogni immutabili e relazioni instabili. Lascio una promettente carriera che mi ha procurato disprezzo per me stesso e unanime approvazione. Lascio una cattiva reputazione e la promessa di una ancora peggiore. Lascio qualche centinaia di migliaia di parole, alcune scritte con piacere, la maggior parte per noia e per soldi. Lascio una situazione economica miserabile, un'attitudine vacillante rispetto ai grandi interrogativi del nostro tempo, un dubbio usato ma di buona qualità e la speranza di una liberazione.
Porterò con me nel viaggio un'inutile conoscenza del globo terrestre, una lettura superficiale dei filosofi e , terza cosa, un desiderio di annientamento e una speranza di liberazione. Porterò inoltre un mazzo di carte, una macchina da scrivere e un amore infelice per la gioventù europea. Porterò infine con me la visione di una lapide, relitto abbandonato nel deserto o nel fondo del mare, con questa epigrafe:
QUI RIPOSA
UNO SCRITTORE SVEDESE
CADUTO PER NIENTE
SUA COLPA FU L'INNOCENZA
DIMENTICATELO SPESSO

[Stig Dagerman: "Il viaggiatore"] 

...in questa "tentazione al fallimento" è possibile riconoscersi; così come è possibile riconoscersi nella sconfitta dell'utopia, nella difficoltà della rivolta. Solo che noi, forse più "adulti" o semplicemente venuti dopo di lui (o di "loro": i Kafka, i Camus, i vari "nichilisti" degli anni Trenta e Quaranta) abbiamo dato per scontata la nostra disperazione e abbiamo cercato di partire da quella. Non è stata per noi il punto di arrivo. O è semplicemente che siamo più cinici, che siamo scesi a patti con meno intransigenza di Dagerman, di questo bambino ferito e piagato che non ha accettato di diventare "adulto"?
Goffredo Fofi

mercoledì 15 agosto 2012

III



Il suono di un passo che esplode nell'aria
si dilata nell'eco di passi diversi.
Un ponte di corde giace sospeso,
tra il cielo che incombe e la terra matrigna.
Il freddo sferza la roccia,
due nuvole vanno alla deriva.
Le mani stringono forte la corda,
i piedi osano, obbedendo ad un bisogno.
Ogni centimetro è un'isola da cui ripartire,
ogni passo allontana ed avvicina,
ogni parola avvicina ed allontana.

[Xenia Dubinina: "Dialoghi afasici"]